Teatro del mondo o pozzo della storia?

Tante Sicilie? Forse, ma in realtà, piuttosto, una con tante facce. E l’insieme di queste facce possono rappresentare la mia visione della sicilitudine. La faccia più antica e dimessa del “mal del viver mite” dei Siciliani e quella più truce del “male senza fine” costituito dalla mafia, rappresentate come due facce della stessa medaglia. Superata questa barriera, però, o ignorata volutamente in un viaggio fantastico con spirito aperto alle emozioni, ecco venir fuori, fra miti, leggende e natura ricca di vita di certe zone, la sensualità naturale dell’isola e la sua ancestrale natura femminile. Natura femmina, quindi, come dimostra l’Etna col suo rosso “umor mestruale”, e con la sua frequente sindrome premestruale che ne caratterizza il comportamento “mai privo di passione”. Comportamento che è poi quello della popolazione siciliana, capace di pazientare borbottando per anni, per poi esplodere all’improvviso in una innaturale violenza da dies irae. Natura che, diventando corpo di donna, si mostra anche capace di lasciarsi andare, talvolta, ad una danza ammaliante dalle movenze sensuali e di esplodere infine in un vero e proprio godimento sessuale.

La Sicilia gode. Gode di antichi orgogli, gode delle tante bellezze naturali e d’arte, gode della propria vitalità terragna, ma gode forse anche degli stupri subiti nella sua storia, visto che i figli nati dalla violenza subita  hanno via via costituito il popolo siciliano col suo suggestivo ibridismo multirazziale.
L’isola che, come ogni bella donna, è stata oggetto di desiderio di tutti i popoli che l’hanno conosciuta, non può essere però mai posseduta E chi si è illuso di possederla ha finito per restarne a sua volta posseduto. Tutti quelli che son venuti, infatti, abbastanza rapidamente sono diventati anch’essi Siciliani. E’ stata amata la Sicilia, certo! Ma Greci, Arabi, Normanni e Spagnoli, forse,  l’hanno amata di un amore meno “finto” di quello degli (altri) Italiani.

La Sicilia possiamo vederla come un centro del mondo, certo, ma si tratta di un centro passivo, un “pozzo della storia”  e non una sorgente. Una sorta di buco nero in cui la storia va a morire ed ogni energia umana va ad estinguersi. Ed il paesaggio, la natura, i luoghi forniscono lo straordinario palcoscenico, il “teatro del mondo”, in cui la morte della storia viene rappresentata come eterna ed infinita tragedia.
E d’altra parte, qual è il carattere della popolazione siciliana? Piuttosto individualista, imbelle e con scarsa coscienza collettiva! Un atteggiamento radicato nella storia e favorito dai dominatori stranieri via via succedutisi. Un atteggiamento vagamente femmineo ( mi perdonino le donne se, per esprimere questo concetto, chiedo in prestito un termine ad uno stupido luogo comune) . E si ritorna alla Sicilia femmina, ed anche un po’ puttana: sempre pronta ad accogliere a braccia aperte i forestieri, concedendosi spesso in modo lascivo ed esagerato, secondo un particolare aspetto della sua natura. Solo i Francesi non sono stati accolti bene. Ma…già ! Forse anche la Francia ha un’anima femminile e, com’è noto, due prime donne sul palcoscenico di un teatro sono troppe.

La Sicilia quindi è Donna e, nonostante tutto, gode. Perfino nonostante il peggiore dei suoi mali: la mafia. Le vittime e il carnefice, cosa piuttosto inquietante, sono più simili che mai ed é un niente che li separa o… li unisce. La gente è imbelle e si fa i fatti propri, la mafia é vigliacca e ti attacca in forze quando ti lasciano solo. I troppi eroi finiti male, splendidi ragazzini di cui siamo orgogliosi, ne sanno qualcosa. Ci sarà una via d’uscita? E’ possibile una speranza? Ecco, un ultimo concetto è quello della speranza: Se la Sicilia è Donna forse solo le donne, prima o poi, potranno farla affrancare dai suoi mali. Magari con una bella risata scrosciante che annienti una mafia ormai cotta e in via di dissoluzione. La speranza, quindi, in Sicilia è donna? Mi piace pensarlo.
 
In questo caleidoscopio barocco in cui si alternano angeli e mostri, orrido e sublime,  pessimismo e speranza sta il mio concetto di sicilitudine.

Tommaso M. Patti

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