Teatro Coppola, sei mesi di occupazione «Siamo entrati artisti, oggi siamo cittadini»

«In questi sei mesi abbiamo pianto tanto, perché al teatro Coppola ci si emoziona spesso». L’hanno occupato la mattina del 16 dicembre del 2011 e oggi sono ancora lì, i lavoratori dell’arte e dello spettacolo che sono entrati in via Vecchio bastione 9, a Catania, con l’intento di farne un teatro. E ci sono riusciti. «Abbiamo lavorato tanto e gli obiettivi che ci eravamo prefissi dal punto di vista della ristrutturazione li abbiamo in gran parte raggiunti». Cesare Basile, cantautore etneo e fondatore di L’arsenale, la federazione siciliana delle arti e della musica promotrice dell’occupazione, è soddisfatto: «C’è ancora molto da fare, ma sperimentiamo e continueremo a farlo».

Un centinaio di spettacoli, 12mila euro raccolti tramite le sottoscrizioni, materiali donati dai cittadini per un valore di cinquemila euro, novemila euro spesi per la messa in sicurezza della struttura, tremila euro rimasti nel fondo cassa, 200 posti a sedere e una trentina di volontari che partecipano alla vita quotidiana del teatro: il bilancio di sei mesi, a volerlo fare in cifre, ha tanti zeri positivi. E poi ci sono i cinque bagni, l’ufficio, il camerino, il palcoscenico e le quinte, un impianto luci e audio, il tetto coibentato, un botteghino in muratura e un piccolo bar. «Non avevamo le idee chiare quando siamo entrati qua dentro, ma avevamo dei bisogni chiari – continua Basile – Siamo entrati come artisti e siamo diventati cittadini: era cominciata come una vertenza di categoria e poi non ci è bastato più».

Quando è stato costruito, il teatro Coppola era il primo teatro comunale di Catania, perché nel 1821 il teatro massimo Vincenzo Bellini era ancora in costruzione. Nel 1943 è stato distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e da allora è stato ricostruito a singhiozzo. Per anni è stato un deposito, finché non s’è deciso, nel 2005, di farlo diventare la sala prove dell’orchestra del Bellini. Poi le difficoltà economiche del Comune, il fallimento della ditta che aveva vinto l’appalto, il disinteresse e l’incuria hanno fatto il resto. Nel 2011, il Coppola è tornato sui tavoli di Palazzo degli elefanti per un finanziamento europeo da un milione e 200mila euro. Anche di quello, però, si sono perse le tracce. E, nel frattempo, L’arsenale e i suoi artisti hanno dato il via all’occupazione.


Il video dell’occupazione, il 16 dicembre 2011

«Preferisco non raccontare la bugia che vorrebbe folle oceaniche che vengono qui in teatro – prosegue il cantautore etneo – Ma la risposta c’è stata ugualmente: ci sono tante persone, sempre diverse, sempre nuove e questo è bello». Il Coppola, per Basile, «continua a voler essere una piazza all’interno della quale la gente possa incontrarsi e dialogare». Le collocazioni politiche, del resto, «erano chiare sin dall’inizio: siamo anti-autoritari, egalitari, inclusivi, antirazzisti e, soprattutto, curiosi». Ma questo non significa che per salire sul palco di via Vecchio bastione non ci sia bisogno di rispettare delle regole: «Il patto col vicinato è chiarissimo: non dobbiamo disturbare». Per questo perfino gli Afterhours hanno suonato in acustico. Poi c’è anche la questione della concorrenza leale: «Ci sono tanti locali in centro che vivono delle band che suonano dal vivo, noi non lo facciamo».

I piani per il futuro prevedono «la creazione di una biblioteca aperta e partecipativa, e una pausa estiva nella programmazione». Per capire da che punto ricominciare a settembre, quando ci saranno da definire i nuovi spettacoli, «senza cadere nella trappola delle direzioni artistiche convenzionali e della censura della creatività». In pratica, diventare adulti e «creare un modello che funzioni». «Negli ultimi due anni della mia permanenza a Milano – conclude Cesare Basile – mi sono scorticato le mani e la mente, nel dubbio se rimettere piede o no nella mia terra: il teatro Coppola mi ha dimostrato che ho fatto bene a tornare a casa».

Luisa Santangelo

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