Teatri e cinema chiusi, ormai è lotta per sopravvivere «Cassa integrazione a intermittenza, ristori in ritardo»

Dal grande evento di Sanremo alle piccole sale cinematografiche di provincia, quello della cultura e dello spettacolo è uno dei settori che si trova più in apnea per le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria da Covid-19. Un po’ di luce sarebbe dovuta arrivare il 27 marzo, data stabilita dal governo nazionale per la riapertura di cinema e teatri, ma i nuovi provvedimenti – la zona arancione che diventa rossa nel periodo pasquale – hanno fatto slittare ancora una volta la ripresa. Un rinvio che viene vissuto in maniera diversa dai gestori, accomunati tuttavia dalla crisi asfissiante che ha di fatto trasformato l’attesa in una vera e propria lotta per la sopravvivenza.

«Fatte salve due settimane a ottobre siamo chiusi da un anno – racconta a MeridioNews Roberto Nanfa, direttore del teatro Jolly a Palermo – Il disagio ha raggiunto livelli altissimi. Non solo per noi, ma per tutto l’indotto: un teatro dà lavoro a tantissime persone, dai dipendenti e collaboratori ai pubblicitari, alle imprese di pulizie; ci sono tante famiglie che sono allo stremo. Ci stavamo già organizzando per la riapertura, avevamo intenzione di riprendere la stagione e cercare di concluderla, con un programma che prevedeva diverse commedie e che si sarebbe concluso con lo spettacolo di Ernesto Maria Ponte a maggio, poi quando è stata dichiarata la zona arancione abbiamo dovuto per l’ennesima volta fare slittare il tutto. Non avevamo pubblicizzato ancora nulla – continua Nanfa – ma avevamo bloccato degli spazi. Anche il concessionario della pubblicità si è trovato a essere danneggiato da questa situazione. Idealmente speriamo di riaprire dopo pasqua, ma vediamo. Il teatro è un’azienda e le aziende non possono programmare oggi per aprire domani. Una riapertura o una chiusura – conclude – non è una gita fuori porta che si organizza in un giorno».

Sul fronte delle sale cinematografiche, di contro, c’era molta disillusione sulla data del 27 marzo, soprattutto per un dettaglio non trascurabile: mancano i film. «Si apriva il 27, ma per mettere cosa? – si chiede Alberto Surrentino, direttore del multisala King e dell’Arena Argentina a Catania –  Poteva durare quanto, una settimana? Erano più i costi che altro, figuriamoci i multiplex con dodici sale, come le riempi? Il cinema non è un ristorante, ha bisogno di uscite e pochi faranno uscire i film se non c’è una copertura nazionale. Peraltro la riapertura era prevista solo in regioni con poca incidenza sul mercato: senza Piemonte, Lombardia e Lazio non si fa niente. Il 27 era una data buttata lì, nessuno a Catania ci ha creduto. Stavamo discutendo se far ripartire il cineclub, ma è una cosa diversa rispetto a una programmazione settimanale».

Entrambi i gestori, tuttavia, vivono una crisi che è molto simile sotto diversi punti di vista, soprattutto sotto quello legato ai ritardi negli aiuti economici. «L’affitto, le bollette e le tasse corrono, non hanno bloccato nulla, pagare un anno a vuoto di affitto senza incassare un centesimo è dura – dice ancora Nanfa – I ritardi non riguardano solo i ristori, ma anche la cassa integrazione per tecnici e lavoratori». Parole a cui fanno eco quelle di Surrentino: «Anzitutto la cassa integrazione straordinaria per i dipendenti dei cinema sta arrivando in maniera discontinua, con degli acconti. C’è anche una questione di sopravvivenza aziendale, che va oltre i ristori, anche se abbiamo percepito al momento solo quelli relativi alla scorsa primavera – prosegue – C’è anche il problema del credito di imposta, che a oggi nessuno vuole che gli venga ceduto. Abbiamo un credito sull’affitto che nessuno può utilizzare: ho chiesto alla banca se avessero accettato il credito d’imposta per compensare il debito che abbiamo, ma non mi hanno neanche risposto. Lo potremo utilizzare in futuro, sugli f24, ma stiamo spostando troppo in là l’asticella». 

E poi c’è la questione relativa alle misure di sicurezza. Al momento, infatti, cinema e teatri potrebbero aprire soltanto a patto di ridurre il numero dei posti in sala al 25 per cento per garantire il distanziamento. «Con il 25 per cento non riprendi neanche le spese – conclude il direttore del Jolly – ma intanto si dava un segnale, si ricominciava a lavorare. Abbiamo intenzione di tenere duro, di riaprire. Non vogliamo tanto i ristori dal punto di vista economico, ma – sottolinea Nanfa – la garanzie di potere lavorare». «Con il 25 per cento rientrerei con le spese solo se riempissi ogni sala ogni giorno – replica Surrentino – La stagione del King l’ho data già per esaurita, si riprenderà a settembre. A Catania neanche in tempi di pace le uscite estive funzionavano. Potremmo lavorare con l’Arena, all’aperto, visto che a giugno faranno aprire le sale, ma se non tolgono il coprifuoco alle 22, considerato che d’estate fa buio alle 21, io materialmente come faccio a fare vedere i film?».

Gabriele Ruggieri

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