Con la decisione d’impugnare preso la Corte Costituzionale i provvedimenti assunti dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, il Governo Monti ha commesso un gravissimo errore che serve al mondo imprenditoriale a fare e disfare a piacimento qualsiasi nefandezza, tanto se qualcuno osa interferire ci pensa l’esecutivo a neutralizzarlo. Un governo così pericoloso, prima se ne va a casa e meglio è per tutti: tanto lo spread, il debito pubblico, la disoccupazione, la chiusura delle fabbriche per insolvenza da eccesso di tassazione e per l’allegra spesa per armamenti e sostegno alle missioni militari di pace continuano la loro sistematica lievitazione. Questo perché la cura dei professori e dei banchieri all’economia nazionale si è dimostrata fallimentare.
Le nostre non sono illazioni. Sono, purtroppo, dati di fatto riconosciuti da tutti e documentati dalle risultanze delle elaborazioni Istat. Noi stiamo, senza se e senza ma, dalla parte dei magistrati e ne ribadiamo la ragione di fondo. E’ la magistratura con le sue decisioni e le sue azioni a garantire lo Stato di diritto nel nostra democrazia. Non lo fanno i partiti, nonostante l’articolo 49 della Carta costituzionale che viene sistematicamente ignorato da ben 64 anni (dal 1 gennaio 1948 ai nostri giorni) e non se ne parla nemmeno di applicarlo. Da qui il distacco della politica dai cittadini, ancorché la Costituzione indichi agli stessi cittadini il concorso a formare la politica nazionale attraverso i partiti. Ciò non è avvenuto e i partiti si sono ridotti ad essere botteghe personali dei vari leader o pseudo tali.
Pensiamo che la decisione del governo di impugnare il provvedimento di fermo dello stabilimento siderurgico tarantino dell’Ilva sia stato assunto sì in autonomia, ma di sicuro avendo ‘sentito’ l’opinione dei partiti di maggioranza (Pdl, Pd e Udc). Non osiamo nemmeno pensare che il Partito democratico abbia dato il via libera a questa folle decisione. Ciò perché, nel qual caso, avrebbe coscientemente inferto un colpo mortale, da suicidio, alla sua credibilità di forza politica democratica a difesa degli interessi dei deboli, tanto i forti fanno quello che vogliono.
Quello che succede a Taranto, con riferimento alla corretta azione dela magistratura che difende il diritto dei cittadini alla salute, dovrebbe estendersi al resto dItalia, a cominciare dalla Sicilia, dove assistiamo, ogni giorno, ad attacchi sconsiderati alla salute pubblica. Unesagerazione? Non proprio. Vediamo un po’ più da vicino qual è lo stato di inquinamento che le grandi raffinerie siciliane procurano – per citare alcuni esempi – ai territori prossimi ai loro insediamenti industriali.
Ovunque le statistiche sanitarie denunciano incidenze superiori alle medie di fenomeni cancerogeni. Tuttavia nessuno ne fa un dramma ed accoglie fatalisticamente le conseguenze di tale inquinamento, dei danni alla salute pubblica ed all’ambiente naturale. Ricordate le immagini di qualche anno fa quando un agricoltore accendeva coi fiammiferi l’acqua che gli serviva per irrigare il suo podere? Dalle condotte veniva fuori l’acqua fortemente impregnata dalle infiltrazioni dei prodotti della raffinazione del petrolio. Badate, quel podere era distante chilometri dalla sede delle raffinerie petrolifere di Priolo Gargallo.
Mentre si verificano fatti del genere è bastato che l’Eni anticipasse la chiusura temporanea di alcuni reparti del petrolchimico di Gela per attivare una protesta diffusa e parecchie preoccupazioni sul futuro dello stabilimento.
Tali questioni sono vitali per sollecitare i vari movimenti sicilianisti a darsi una mossa e parlare dell’attualità e del futuro, piuttosto che disputare sugli accadimenti di un paio di secoli addietro. Quelle questioni sono motivo di disputa accademica fra chi ha letto questo e quell’altro elaborato storico. La battaglia è adesso. Ed è su questi terreni che si misura la capacità della classe dirigente siciliana a tirare fuori gli attributi e a proporre soluzioni e progetti politici nuovi e propositivi.
Non è difficile immaginare lo scandalo che susciterebbe un provvedimento simile a quello tarantino adottato da una delle Procure di Gela, o di Siracusa, o di Milazzo. Si mobiliterebbero tutti, sindacati, partiti, associazioni ambientaliste a mediare tra la crisi occupazionale ed il diritto alla salute. Con un minimo di ragione, perché di posti di lavoro alternativi non se ne trovano, i redditi nei territori interessati verrebbero a mancare unitamente a qualche mancia alla mafia dei trasporti industriali.
D’altro non c’è più niente, solo inquinamento, danni alla salute pubblica e distruzione dell’ambiente naturale. Infatti all’economia siciliana in generale non ne verrebbe alcun danno perché, con buona pace dell’articolo 37 dello Statuto autonomistico, quelle aziende – a cominciare dalle raffinerie – le loro imposte le pagano altrove, lasciando alla Sicilia solo i danni ambientali procurati.
Il nostro appello è alle Procure della Repubblica delle località dove queste condizioni si verificano.
Coraggio! Proviamo a dare un po’ di dignità alla Sicilia. piuttosto che attardarsi sulle condizioni esistenti secondo il vecchio adagio u munnu avi a ghiri pu so versu: pensiamo all’altro adagio un tantino più ottimista: Si si chiui na porta si rapi un purtuni.
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