Tangenti sugli appalti: le scuole come obiettivo ideale «Se ci potevamo allargare… ni potevamo addivirtiri»

«Ho Capaci che non mi fa dormire la notte». Ma a tenere sveglio Antonino Casella non sarebbe stata la difficoltà in sé di quel progetto, che dovrebbe trasformare la villa di un boss mafioso affacciata sul lungomare di Capaci nella nuova stazione dei carabinieri. Ma la delicatezza insita nel progetto stesso, potenzialmente sotto gli occhi di tutti in futuro proprio per via di quella nuova veste che ambisce ad assumere, per cui non basta, stavolta, che le cose vengano fatte dignitosamente e basta. «Quando poi ci sarà l’inaugurazione, verrà il ministro dell’Interno, verranno prefetti, cioè una cosa ovviamente che finisce in televisione perché, ah dice, nella casa del mafioso ci abbiamo fatto la caserma dei carabinieri. Quindi il lavoro tra l’altro si deve fare in una certa maniera, insomma non è una minchiata», si sfoga al telefono con un amico, non sapendo di essere intercettato. Lui infatti è tra le persone coinvolte nell’indagine condotta dall’Anticorruzione della mobile di Palermo, arrestato con l’accusa di aver fatto parte del giro di tangenti imposte da alcuni funzionari pubblici del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche di Sicilia e Calabria.

«Qualche misura in meno c’è, più di qualcuna – ammette, ancora intercettato -. Perché lui mischino soldi a casa con questo lavoro non ne porta … l’unica cosa che gli auguro è che cercheremo di affidargli il lavoro di completamento alla stessa impresa, qualcosina recupera lì». Il lui di cui parla è Franco Vaiana, amministratore di fatto della Pioppo Costruzioni & Ristrutturazioni srl, aggiudicataria dell’appalto. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, Casella e Vaiana avrebbero concordato ogni aspetto del progetto, dalla redazione della contabilità di cantiere, allo stato di avanzamento dei lavori, accordando anche sospensioni non coerenti con lo sviluppo dei lavori, «nonché, essendo l’importo stanziato per l’appalto insufficiente a consentire la realizzazione di tutte le opere previste». Motivo per cui proprio Casella avrebbe promesso a Vaiana «l’aggiudicazione di due successivi appalti, dell’importo di circa 115mila e 150mila euro circa, che si adoperava fattivamente affinché fossero banditi dal Provveditorato alle opere pubbliche, e venissero aggiudicati, anche violando le norme applicabili, alla Pioppo Costruzioni». Ma il problema, intanto, resta quello, Vaiana avrebbe esagerato col ribasso, mettendo in crisi il collega. «Qui bisognava demolire e ricostruire, costava pure meno, però a volte le minchiate si devono fare per forza – commenta ancora Caselli -. Se gli muore qualche carabiniere si vengono a prendere per il culo a me»

Ma questo è un caso a parte. Perché il presunto sistema illecito emerso con l’indagine avrebbe, nella maggior parte dei casi, avuto come cantieri ideali gli istituti scolastici. Come la scuola primaria Pietro Piraino di Casteldaccia, i cui lavori di manutenzione sono stati affidati alla ditta del coraggioso imprenditore che non si è voluto piegare alle richieste dei funzionari pubblici, denunciando tutto. In questo caso i sodali avrebbero, secondo gli inquirenti, redatto in tutta fretta la dichiarazione di stato avanzamento lavori, attestando il falso raggiungimento dell’80 per cento in modo da legittimare l’ente locale alla richiesta della seconda rata, che avrebbe garantito quella liquidità necessaria per il pagamento delle fatture. Così facendo l’impresa avrebbe poi potuto pagare la tangente ai pubblici ufficiali. Ritardando, di contro, la redazione degli atti di collaudo e della relazione finale, che avrebbero invece legittimato il Comune a richiedere l’accredito dell’ultimo 10 per cento del finanziamento. A fronte poi di perizie di variante che anziché basarsi su spese imprevedibili «diventavano strumento per recuperare somme di denaro da spartirsi tra funzionari e imprenditori». A questi ultimi rientrava parte del ribasso offerto: considerando che le imprese si aggiudicavano l’appalto attraverso il prezzo più basso che si aggirava intorno al 50 per cento del finanziamento statale concesso, attraverso l’adozione della Perizia di variante si riusciva a recuperare il 20 per cento della somma. Calcoli e aggiustamenti basati anche su una considerazione di base: quella di trovarsi di fronte a imprenditori riconoscenti che avrebbero spontaneamente gratificato i loro favori con un regalo non appena avesse ricevuto le somme di denaro per l’esecuzione dell’appalto.

Nelle carte dell’inchiesta spunta fuori anche la scuola elementare san Francesco d’Assisi di Termini Imerese, lavori in cui spiccano non poche anomalie, tra voci di spesa relative a lavori mai effettuati o a forniture non corrisposte, importi delle voci di costo aumentati, e autorizzazioni a lavori difformi rispetto a quanto prescritto dalla Soprintendenza. Che, ad esempio, vieta categoricamente l’uso di idropitture, usate invece per riverniciare le pareti delle aule. Una circostanza non da poco e che si è guadagnata le contestazioni non sono del Cta, ma anche del preside della scuola e dei genitori di alcuni alunni, che hanno lamentato l’emanazione di una strana polvere. Problema risolto dai funzionari coinvolti nell’inchiesta applicando un fissativo, malgrado la consapevolezza che «a n’atro anno chisti su punto e a capo». I funzionari si cautelavano quel tanto che bastava, avendo cura di far eseguire in maniera sufficientemente dignitosa gli interventi particolarmente appariscenti. Sempre nell’ottica di spostare arbitrariamente le somme a disposizione per ottenere il massimo recupero del ribasso, arrivando a impegnare l’importo massimo ottenibile. Economizzare mettendosi in tasca il massimo possibile, in barba alla tutela dell’immobile di turno.

Una contrattazione di voci, un gioco a incastro in cui, a seconda delle difficoltà, si alza, si abbassa o si elimina del tutto una data voce del progetto, a prescindere dalle reali esigenze e dalle reali lavorazioni effettuate. «Se ci potevamo allargare…ni potevamo addivirtiri…Onestamente non è che sono cose necessarie», osserva ad esempio Franco Barberi, anche lui coinvolto nell’inchiesta. Vicenda poco chiara anche quella che ha riguardato il cantiere per la scuola di via Regina Margherita a Collesano: qui Casella, in qualità di progettista e direttore dei lavori di messa in sicurezza e prevenzione del rischio «con artifici e raggiri – per citare le carte – induceva in errore i funzionari del suddetto Comune i quali a fronte della richiesta di pagamento delle indennità chilometriche», dichiarando di aver percorso con il proprio mezzo 1.960 km in tutto, una dichiarazione che risulterebbe falsa e destinata ad essere riprodotta nell’atto del Comune di Collesano di liquidazione dei relativi importi, «quando per sette delle 15 missioni effettuate (ognuna della percorrenza di 140 km), lui non si era nemmeno recato presso il cantiere». 

Silvia Buffa

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