Sicilia 2030. Un traguardo sufficientemente lontano per immaginare un’isola diversa. Mentre molto più vicino, quasi dietro l’angolo, ci sono le elezioni europee. Lo zoom sull’attualità è imprescindibile per inquadrare le parole del presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani, intervenuto questa mattina a Catania per un convegno sul tema delle infrastrutture e il loro possibile impatto sulla Sicilia del domani.
Tajani è arrivato al palazzo della Cultura accompagnato dal sindaco Salvo Pogliese. È stato proprio quest’ultimo a introdurre i lavori, sottolineando come il capoluogo etneo, nel contesto regionale, possa definirsi «un’isola felice» grazie alla presenza dell’aeroporto, della linea della metropolitana che presto dovrebbe consentire ai viaggiatori di raggiungere Fontanarossa, e della sinergia tra il porto catanese e quello di Augusta. Il primo pensiero però va all’infrastruttura che più di ogni altra, nel corso dei decenni, ha animato i dibattiti ufficiali e i sogni di parte dei siciliani, e di recente anche le polemiche tra Nello Musumeci (presente oggi insieme agli altri componenti della giunta) e il sottosegretario del governo M5s-Lega Michele Dell’Orco: il ponte sullo Stretto. «Farlo è di fondamentale importanza, si creerebbe un effetto domino. Mentre non realizzarlo sarebbe paradossale, ci costerebbe di più», ha detto Pogliese, ricordando le penali legate al contenzioso con le imprese per l’interruzione dell’iter.
Dal canto suo Tajani – che prima di entrare in sala ha commentato il recente annuncio della candidatura di Silvio Berlusconi a Strasburgo, sottolineandone i possibili vantaggi nell’ottica di «migliorare i rapporti con la Russia» – ha rimarcato come la questione meridionale sia una storia ancora aperta e difficilmente sanabile con provvedimenti come il reddito di cittadinanza, anche se il riferimento diretto alla principale novità della legge di stabilità non è stato fatto. «Il Sud vive in un profondo stato di necessità. Rischiamo di avere un Nord sempre più vicino all’Europa e un Sud più lontano. Manca un piano che non sia di puro assistenzialismo», ha detto Tajani, specificando che le soluzioni ai problemi della Sicilia non possono passare da «una mentalità ottocentesca».
L’esponente di quel Partito popolare europeo, che in primavera sarà chiamato a tenere testa alle forze dichiaratamente sovraniste, ha richiamato i problemi legati alle strade e alle ferrovie in Sicilia. «Non è da paese moderno dovere fare un percorso a ostacoli per arrivare da Catania a Ragusa, così come è chiaro che con l’alta velocità e autostrade che funzionassero Palermo e Catania sarebbero molto più vicine», ha sottolineato, rimarcando che il compito delle istituzioni, governo centrale in testa, è quello di monitorare l’operato dei gestori privati. Parole anche in difesa degli aeroporti minori: «Gli scali di Comiso e Trapani non è vero che tolgono passeggeri a Catania e Palermo, Ryanair ha sbagliato a lasciare Birgi». Nel terzo millennio, le infrastrutture sono anche quelle legate al digitale: «Ci sono aree che stanno sperimentando il 5g mentre in Sicilia in alcuni posti si fa ancora i conti con il 2g, non è così che si trattengono i giovani».
Immancabile il riferimento all’incapacità di molte Regioni, tra le quali quella siciliana, di sfruttare le opportunità offerte dai fondi europei. «Non voglio soffermarmi sulle responsabilità dei governi precedenti – ha commentato Tajani -. Ma i soldi non utilizzati vengono restituiti e usati per essere redistribuiti in altri Paesi. Lo Stato dovrebbe intervenire, per creare un fondo speciale con il contributo della Cassa depositi e prestiti, i fondi pensione. Si potrebbe avere un pacchetto da 30 miliardi». A trovare spazio infine uno dei temi più caldi dell’agenda politica: i flussi migratori. «Nel 2050 in Africa ci saranno due miliardi e mezzo di abitanti – ha ricordato il presidente dell’Europarlamento -. Se non si risolvono i problemi oggi, avremo non un centinaio o un migliaio di persone che si sposteranno dall’Africa verso l’Europa, ma milioni di persone. A quel punto non serviranno né chiusure dei porti e neanche il più forte esercito del mondo».
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