Che la cura dimagrante imposta dall’ateneo di Catania agli studenti fosse drastica è cosa nota. E che a farne le spese sarebbero stati anche gli aspiranti dottorandi si sapeva da luglio, quando il senato accademico ha deciso di non finanziare borse di dottorato per il 2011/2012 e di stanziare i 2.500.000 euro disponibili solo per generiche “attività di ricerca”. «In ogni caso saranno banditi i dottorati che otterranno finanziamenti esterni», aveva detto all’epoca il rettore Antonino Recca. Adesso che i bandi sono stati pubblicati e che manca meno di un mese alla loro scadenza fissata per il 24 novembre i risultati dei tagli sono evidenti.
Quest’anno, l’università etnea sarà sede di 11 dottorati, tre dei quali nazionali e i rimanenti otto internazionali, per un totale di 36 posti, nei settori di Agraria, Ingegneria, Medicina e chirurgia, e Scienze matematiche, fisiche e naturali.
Il salto indietro rispetto all’anno scorso è evidente: per il 2010 erano previsti in totale 39 dottorati, che tenevano in considerazione anche le facoltà di Farmacia, Scienze della formazione, Scienze politiche, Architettura, Economia, Giurisprudenza, Lettere e Lingue, oltre che la Scuola superiore. I posti disponibili erano 124, dei quali la metà finanziati tramite borse di studio.
«Credo che rinunciare al terzo livello di istruzione faccia venir meno l’università alla sua funzione», afferma Marcello Lattuada, docente al dipartimento di Fisica e astronomia ed ex direttore dei Laboratori nazionali del Sud. «Il senato accademico ha deliberato finanziamenti a singhiozzo, un anno alla ricerca e quello dopo ai dottorati prosegue Lattuada Ma che significa? Come può un ateneo decidere se destinare o meno fondi a quella che dovrebbe essere la sua linfa vitale?». Quella dell’università etnea sarebbe, secondo Lattuada, una «scelta miope», basata «su briciole di finanziamenti». I 2.500.000 euro destinati alla ricerca «si traducono in poco più di un migliaio di euro per ogni docente dell’ateneo: non bastano per fare nulla di buono», sostiene il professore. E il meccanismo dei «soldi a periodi alterni» causerebbe una ulteriore fuga di studenti: «Andranno a fare il dottorato fuori, perdiamo generazioni, le saltiamo a piè pari. Oppure suppone rendiamo possibile l’eventualità che il prossimo anno facciano domanda troppi più studenti di quanti possiamo assorbirne».
«Le facoltà umanistiche non hanno attrattiva per i finanziatori esterni, di conseguenza non sono stati attivati dottorati che ci riguardino», dice Nunzio Famoso, ex preside della facoltà di Lingue. Sulla decisione di finanziare la ricerca e non i dottorati è scettico: «Mi sembra che così si scontentino tutti, ma staremo a vedere: magari raschiando il fondo si trovano altri soldi».
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