Il 21 maggio una commissione di super-esperti ha dichiarato il videogioco Bacteriovirus il miglior prodotto di “Game Design” all’interno della Imagine Cup, manifestazione organizzata dalla Microsoft e dedicata alla “programmazione solidale”, da qualche anno uno degli appuntamenti più importanti legati alla programmazione, in Italia e nel mondo. Lo slogan della manifestazione è “Immagina un mondo in cui la tecnologia permetta di risolvere i problemi più grandi”, e i vincitori del “Nextsoft Team”, composto da quattro giovani catanesi, hanno proposto un videogioco educativo che si svolge all’interno del corpo umano. Del team fanno parte due fratelli, Claudio e Stefano, che si sono occupati proprio del “game design”, ovvero di definire regole e struttura del gioco. 22 anni Claudio, mentre Stefano con appena 17 anni era il più giovane partecipante della manifestazione.
Il vostro videogioco Bacteriovirus, un Edu-tainment strategico in tempo reale, ha vinto l’edizione di quest’anno dell’Imagine Cup nella sezione Game Design. Come è nata questa partecipazione?
Stefano – «Abbiamo iniziato a sviluppare il gioco, e a un certo punto ci hanno chiesto di partecipare. Poi dopo due o tre settimane ci hanno mandato una email dicendoci che ci eravamo classificati alle finali. E quindi ci hanno dato tutte le informazioni sull’Hotel, su come andare, eccetera».
Claudio – «Sei stato fin troppo sintetico! Diciamo che questo è il secondo anno che all’interno dell’Imagine Cup c’è la sezione Game Design. Ai primi di dicembre la Microsoft ha fatto un seminario su tecnologie e applicazioni 3D, nulla a che vedere con i videogames, però lo speaker di quel giorno ha pubblicizzato l’Imagine Cup, e da lì ci siamo incuriositi, ci siamo meglio documentati, e abbiamo iniziato a mettere insieme il Team».
E questo Team “Nextsoft”, come è nato? Dove vi siete conosciuti?
Claudio – «Beh, la conoscenza è avvenuta attraverso Andrea Giunta, studente a Informatica come me che è il “Microsoft Student Partner” per Catania, una sorta di portavoce locale di queste attività. Attraverso i nomi raccolti da lui tra gli interessati abbiamo incontrato Dario Paraspola e Federico Fausto Santoro, che si sono occupati della GUI e del Character design. Il premio nella sezione “Game Design” dell’Imagine Cup è un premio al gioco globale, quindi non solo alla sua struttura, ma anche alla grafica e alla sua realizzazione, e solo grazie al lavoro in squadra abbiamo vinto».
Voi due invece vi siete occupati del Game Design in senso vero e proprio, ovvero della struttura e delle regole del gioco, oltre che della programmazione. Come vi è venuta questa idea?
Stefano – «L’idea è venuta a me. Sapevo di dover rispettare delle regole specifiche per la partecipazione, ovvero dover realizzare un gioco educativo, a scuola stavo studiando biologia in quel periodo, e mi è venuta l’idea di fare questo gioco sul corpo umano. Poi insieme abbiamo deciso il genere – strategico, in tempo reale – perché questo genere di giochi dà più curiosità nello studiare dove ci si trova, in questo caso lo stomaco, il cuore, e così via».
L’ispirazione per questo gioco invece da dove ti è venuta? Magari da un altro videogame, da un film, da un cartone animato?
Stefano – «Beh devo dire che mi sono solo un po’ ispirato al cartone animato “Esplorando il corpo umano”».
Claudio – «A livello di genere di videogame invece ci siamo ispirati a giochi come “Age of Empire” “Imperium”, cioè appunto giochi strategici in tempo reale. Qui, invece di costruire villaggi, “colonizziamo” il cuore o il cervello, mentre nostri nemici sono i villaggi dove vivono i batteri. Nel frattempo dovremo ben stare attenti a produrre altre unità (cellule) raccogliere risorse, globuli bianchi, eccetera».
Ma un videogioco di una certa complessità come questo, come nasce? Quali sono le tappe che portano alla definizione della struttura del gioco, prima di lavorarci su?
Stefano – «Ci siamo riuniti tutti insieme e abbiamo fatto un po’ di brainstorming, ovvero ci siamo scambiati le idee su cosa potesse essere aggiunto e cosa no».
Claudio – «Una volta deciso il tema e il genere di gioco, la domanda era “Come fare a unire queste due cose?”. Siamo partiti dall’anatomia del corpo umano, studiando i vari sistemi, immunitario circolatorio, respiratorio e così via. Siamo partiti da questo, trasformando alcuni elementi in base a come servivano all’economia del gioco, un po’ come si fa quando si crea la trasposizione cinematografica di un libro, dove si tolgono parti, si cambiano. Abbiamo fatto varie sedute di brainstorming, dove ognuno proponeva le sue idee, magari opposte a quelle degli altri. Per prima cosa abbiamo definito che lo scenario dovesse essere tutto il corpo, poi i “personaggi”, ovvero se solo i globuli rossi oppure un tipo di globuli bianchi o più tipi. Siamo andati a fare un’analisi sempre più profonda del gioco e abbiamo steso un documento con le funzionalità che doveva avere il gioco».
E quanto tempo invece per la progettazione?
Claudio – «Beh la fase della progettazione è durata davvero poco, 15 giorni circa, ci siamo visti 4 o 5 volte per via del poco tempo a disposizione. Siamo quindi passati quasi subito alla fase implementativa, con i due grafici che hanno iniziato a fare i primi schizzi dei vari personaggi e dell’interfaccia, mentre noi due abbiamo cominciato a pensare alla parte della programmazione, creando un Engine che funzionasse anche per altri giochi».
In che linguaggio avete lavorato?
Claudio – «Abbiamo utilizzato il C# (C sharp) un linguaggio che si basa sul .NET framework di Microsoft, con le librerie XNA, che sono poi le stesse che vengono utilizzate per i giochi della Xbox».
Una cosa molto curiosa è che voi due fratelli siete entrambi super appassionati di programmazione, ed entrambi giovanissimi, 22 e 17 anni. Come è nata questa passione di famiglia?
Claudio – «Beh io ho già la laurea di primo livello in informatica, ma naturalmente la passione è nata molti anni prima, quando avevo 10-12 anni. Man mano la passione è diventata più forte, prima utilizzavo il computer, poi ho capito che invece di limitarmi a usare, potevo creare, quindi programmare. Da lì infatti mi sono iscritto alla scuola Tecnico-industriale indirizzo informatico, iniziando a creare i primi programmi, perfezionandomi all’Università».
Stefano – «Anche io da quando ero un bambino volevo avvicinarmi al mondo dell’informatica, anche se i miei genitori non erano molto contenti della mia decisione. Ma alla fine li ho convinti, e tre anni fa circa ho iniziato a programmare, prima con programmi base, del tipo “calcola l’area del quadrato”, poi mi sono appassionato allo sviluppo dei videogiochi, documentandomi e imparando “da solo”. Poi quando c’è stata la Global Game Jam a Catania ho insistito tantissimo con mio fratello per andarci, e da lì è arrivata anche l’Imagine Cup».
Forse è abbastanza scontato, ma ve lo chiedo comunque: volete che diventi il vostro lavoro quello di creare videogiochi?
Stefano – «Si, da quando ho iniziato a programmare l’obiettivo è sempre stato questo, fare videogiochi professionalmente».
Claudio – «A me naturalmente appassiona questo ramo della programmazione, ma fino ad ora le poche esperienze lavorative le ho fatte nel campo dello sviluppo web. Rispetto a questo, programmare videogiochi è più appassionante perché permette di trovare altre soluzioni, è una attività “interdisciplinare” dal punto di vista informatico, perché coinvolge vari tipi di algoritmi, si studiano varie soluzioni, mentre la programmazione web è più statica, monotona. Nello sviluppare un videogioco ti puoi sbizzarrire, invece».
Avete scelto per Bacteriovirus di realizzare uno strategico in tempo reale. Ma i vostri generi preferiti quali sono?
Claudio – «Beh, io ho insistito affinché si realizzasse uno strategico in tempo reale sia perché mi piace il genere, sia perché è piuttosto difficile da realizzare. Tra i miei videogiochi preferiti ci sono quindi Imperium, Age of Empire e Warcraft. Ma non disdegno i giochi come Pro Evolution soccer o gli “sparatutto”».
Stefano – «Io sono invece un appassionato di giochi di ruolo, mi piacciono anche gli strategici. I miei titoli preferiti sono quelli della saga di Final Fantasy, di Dragon Quest. Mio fratello è un giocatore decisamente più “casual”».
Voi avete programmato con il framework Microsoft, ma cosa ne pensate delle nuove piattaforme come l’Ipad? Avete mai pensato di realizzare giochi per questo nuovo settore, magari più semplici dal punto di vista tecnico?
Stefano – «Io vorrei solo sviluppare giochi “seri”, perché per quanto mi riguarda il bello sta nella sfida di fare le cose più complesse possibile. Li farei solo se dovessi partecipare a un progetto di largo respiro».
Claudio – «Io invece – a parte una mia leggera “antipatia” per la Mela – se dovessi fare dei giochini meno impegnativi li farei per altre piattaforme, come l’Xbox che ha un market simile all’App store di Apple».
L’ultima domanda è per Stefano. Com’è possibile conciliare lo studio, tu frequenti ancora il liceo, con questa passione?
Stefano – «Non ho particolari problemi, anche se mi ritaglio tantissime ore al giorno per la mia passione, vado a bene a scuola e riesco a fare tutto. Probabilmente non è molto diverso dall’avere una passione come la musica o lo sport».
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