Sull’identità siciliana nuovo scontro tra M5s e Attiva Sicilia Foti: «Non siamo stampella». Ciancio: «Riforme sono altre»

Per quanto in ballo ci sia l’identità siciliana, la sensazione è che si tratti dell’ennesima occasione per rivendicare l’identità grillina. Quella che scorre nelle vene, indipendentemente da loghi e gruppi parlamentari. Ha questo sapore la polemica nata dalla presentazione di un disegno di legge per scindere le deleghe da poche settimane affidate ad Alberto Samonà, l’assessore leghista finora finito sui giornali soprattutto per i trascorsi politici e la collocazione attuale

Il ddl prevede che la delega all’identità siciliana passi al presidente della Regione, sottraendola all’assessore ai Beni culturali. A portare in aula il testo è stato Attiva Sicilia, il gruppo formato dai cinque dissidenti del Movimento 5 stelle. Che, manco a dirlo, è stato il primo partito a criticare la proposta. «Si tratta della classica pezza peggiore del buco, cambiare il nostro ordinamento per rimediare a una scelta infelice di Musumeci», hanno attaccato ieri i pentastellati Gianina Ciancio e Salvo Siragusa

Parole che fin qui si potrebbe pensare essere dirette a componenti della maggioranza, interessata ad alleggerire il peso sulle spalle del governatore dopo il benvenuto a Salvini nel governo siciliano, ma che assumono un significato più complesso se si considera da dove nasce la proposta. «I nostri colleghi si sono fatti trovare al posto giusto nel momento giusto», affondano i deputati grillini. A dimostrazione di come la separazione sia tutto fuorché messa alle spalle. L’assunto di fondo resta sempre lo stesso: la scelta di Angela Foti, Elena Pagana, Valentina Palmeri, Matteo Mangiacavallo e Sergio Tancredi di lasciare il M5s deriva soltanto dal desiderio di venire allo scoperto e trasformarsi in stampella del governo. O, per dirlo con le parole dei cinquestelle, «togliere le castagne dal fuoco a Musumeci». 

«Da quale pulpito arriva la predica», replica a MeridioNews Foti. La vicepresidente dell’Ars, la cui elezione a erede di Giancarlo Cancelleri al parlamento siciliano ha costituito uno dei momenti di frizione con chi invece avrebbe voluto al suo posto Francesco Cappello, rimanda al mittente ogni accusa di strumentalizzazione delle attività d’aula per fini che esulano dagli interessi della collettività. «A criticarci è lo stesso gruppo politico che ha provato a fare approvare una norma retroattiva che avrebbe costretto a fare passare dalla prima commissione tutte le nomine fatte dal governo, e questo – attacca Foti – solo perché a Belpasso c’è una resa dei conti in sospeso». 

Destinataria delle frecciate è Gianina Ciancio, la deputata etnea che nelle settimane scorse è stata in prima linea nel denunciare la mancanza di requisiti dell’ex sindaco di Belpasso Carlo Caputo per la carica di presidente del Parco dell’Etna, dove invece è stato nominato per esplicito volere di Musumeci. Nei giorni scorsi l’Ars ha approvato una norma che prevede che in futuro ogni nomina, anche quelle riguardanti figure già interne alla Regione (Caputo per favorire l’approdo al Parco era stato inserito nel gabinetto del governatore), dovrà essere sottoposta alla commissione Affari istituzionali. «Non ho mai proposto che la legge fosse retroattiva – risponde Ciancio a MeridioNews – Gli atti parlano chiaro, il mio testo non prevedeva la retroattività. A proporla con un emendamento era stato il Pd. Si fanno polemiche senza senso». 

Veleni a parte, le posizioni su chi debba essere il custode dell’identità siciliana restano comunque diverse. «Non è un ddl contro Samonà né per favorire Musumeci – assicura Foti -. Per noi semplicemente l’identità siciliana è un tema che dovrebbe essere trasversale e interessare tutti gli assessorati. Per questo è giusto che la delega vada al capo del governo regionale». Per il Movimento 5 stelle, il ragionamento da fare sarebbe diverso. «L’identità siciliana è strettamente legata ai beni culturali presenti nel nostro territorio. Se si vuole cercare di migliorare le cose semmai, e noi lo diciamo da tempo, bisognerebbe ragionare – sottolinea Ciancio – sull’accorpamento di alcune deleghe come nel caso degli assessorati ai Beni culturali e al Turismo».

Simone Olivelli

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