«Non è stato uno stupro, mi ha provocato ed è accaduto solo una volta». Avrebbe provato a difendersi così, durante l’interrogatorio, l’operatore sanitario 39enne dell’Oasi di Troina che ha confessato di avere violentato una ragazza di 26 anni con gravi disabilità psichiche ospite della struttura specializzata. L’episodio risalirebbe allo scorso aprile quando il centro dell’Ennese era finito sotto i riflettori per essere uno dei principali focolai di contagi da Covid della Sicilia, tanto da essere dichiarato zona rossa. In pieno lockdown era risultata positiva anche la giovane che ora aspetta un bambino. L’uomo, che adesso si trova in carcere, è già stato sottoposto al test del Dna. «Il confronto con quello del bambino – precisa a MeridioNews l’avvocata Eliana Maccarrone, la legale che difende l’operatore – verrà fatto dopo la nascita».
«Non so se stupro sia la parola giusta per il fatto così come è accaduto – ha detto l’avvocata questa mattina durante un intervento nel programma Mattino Cinque – Il mio assistito non ha usato violenza fisica nei confronti di questa disabile che come tutti i disabili ricerca continuo affetto, anche con pulsioni sessuali». La legale, oltre a mettere in dubbio che il fatto sia realmente accaduto, sembra lasciare intendere che la giovane fosse consenziente. Alla domanda precisa fatta in merito da MeridioNews, Maccarrone ha risposto: «Preferirei sorvolare su quella frase abbozzata che ora vorrei non avere detto perché è un momento prematuro in cui tutto è ancora in fase di verifica e di accertamento. Mi servono – aggiunge l’avvocata – altri elementi per supportare quello che ho detto».
Intanto, a fornire qualche elemento in più è Michelangelo Condorelli, il direttore sanitario dell’Oasi di Troina. «La ragazza è affetta da una grave disabilità psichica che non le permette di avere coscienza di sé e nemmeno di elaborare un discorso». Nessuna informazione in più sulle patologie specifiche per tutelare la privacy della vittima e della sua famiglia ma, di fronte alla domanda sulla possibilità di un consenso, il direttore è categorico. «Non credo proprio, non ha nemmeno percezione del suo stato di gravidanza». Dalle indagini, intanto, sarebbe emerso che nessuno dei responsabili della struttura si era accorto che la ragazza – che da circa nove anni era ospite periodicamente – fosse incinta.
Durante il lockdown poi anche l’operatore sanitario – sposato e con un figlio – era risultato positivo al nuovo coranavirus. Assunto con contratti sempre a tempo determinato a partire dal 2018, «di lui ci hanno sempre parlato come una persona a modo – dice Condorelli – Durante il periodo dell’emergenza sanitaria del Covid-19 si è messo a disposizione per supplire alla mancanza del personale proponendosi di fare anche turni di notte che, fino a quel momento, non aveva mai fatto». Per la legale che lo difende questo farebbe di lui «un eroe che è rimasto nell’Oasi mentre tutti scappavano».
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