Studente Erasmus? C’è un Anfitrione per te

Una comunità effettiva – raggiunta attraverso il confronto e l’integrazione culturale tra giovani di tutti i Paesi del vecchio continente – per creare e raggiungere un’Unione Europea che vada oltre il vacuo e abusato significato concettuale del termine. Questo è lo scopo che si propone Aegee (Association des Etats Généraux des Etudiants de l’Europe), associazione studentesca riconosciuta a livello europeo che opera in più ambiti, specialmente in quello della mobilità internazionale e del dibattito tra giovani appartenenti a culture diverse.

Fondata a Parigi nel 1985 e conta oggi circa 17.000 soci distribuiti in più di 260 città universitarie in tutta Europa. A Catania l’associazione è nata nel 2003 e collabora con l’Ufficio Relazioni Internazionali dell’Università per fornire un adeguato servizio di accoglienza agli studenti stranieri ospitati. Tra le attività più importanti, l’organizzazione di viaggi e visite culturali in Sicilia e nel resto d’Italia e il “Programma Anfitrione” che prevede l’assegnazione di un tutor ad ogni studente erasmus sulla base della disponibilità di studenti volontari.

Abbiamo incontrato l’attuale presidente, Giuseppe Gianni, e il responsabile dell’ufficio stampa, Ermanno Napolitano. Insieme ci hanno parlato delle attività e degli obiettivi verso i quali si orienta l’associazione.

Quali sono le attività a cui si dedica Aegee?
«Le nostre attività si dividono in locali e internazionali: tra quelle locali rientra l’organizzazione di feste erasmus, tornei sportivi, escursioni, cene sociali; i servizi di accoglienza attraverso i quali aiutiamo i nuovi erasmus a cercare casa, a muoversi all’università, nella scelta delle materie, nel tenere i contatti con i professori e in qualsiasi altra necessità che si può presentare».

E a livello internazionale?
«Ci dedichiamo alla creazione di eventi formativi come corsi su human resources, public relations, managment ed eventi ludici tra cui escursioni culturali e meetings internazionali di studenti».

In cosa consiste il “Programma Anfitrione”?
«E’ un programma di tutoraggio dello studente straniero. L’ufficio relazioni internazionali ci fornisce ogni anno la lista degli studenti in partenza. Noi li contattiamo 15-20 giorni prima del loro arrivo e – se sono d’accordo – forniamo il contatto di un tutor, una persona vicina all’associazione ma non necessariamente socia».

Che compiti ha il tutor?
«Dovrebbe costituire un punto di riferimento importante e duraturo per lo studente, essere di supporto all’arrivo in aeroporto, aiutarlo a cercare una casa attraverso gli annunci, fare denuncie nel caso di tentativi di furto e rapina di cui purtroppo risultano spesso vittime…».

I ragazzi che dedicano il loro tempo all’associazione sono volontari?
«Sì. L’Associazione è no profit, lavoriamo con budget bassissimi ed infatti abbiamo sempre bisogno del supporto degli sponsor o di ricorrere a fonti alternative di autofinanziamento per qualsiasi attività che vogliamo organizzare. Abbiamo circa 60 iscritti a Catania e il direttivo è piuttosto ampio, formato da 11 persone».

Secondo voi quali sono le difficoltà più importanti da affrontare per un ragazzo straniero che arriva a Catania?
«La problematica principale è la lingua, perché a Catania poche persone parlano l’inglese e lo straniero da solo non sarebbe in grado di risolvere alcuni problemi burocratici all’inizio della sua permanenza. Altri tipi di difficoltà, inizialmente non messe in conto, sono legate all’alto tasso di criminalità. I ragazzi sono ripetutamente vittime di tentativi di furto e rapina, anche dentro casa. Ed è chiaro che, una volta rientrati nei loro paesi, non si portano dietro un bel ricordo della Sicilia. Questo è un problema serio che danneggia l’immagine di Catania nel resto del mondo e che scoraggia molti studenti a venire qui per studiare con la borsa di studio».

E l’università?
«Anche l’università pone molti ostacoli allo studente. A partire da professori che non rispettano gli appuntamenti e sono difficilmente rintracciabili, fino alle date degli esami che escono in ritardo e una disorganizzazione generale che, se per noi risulta talvolta ingestibile, è enormemente amplificata per lo studente straniero».

Come fa uno studente che arriva dal nord Europa (dove notoriamente regnano civiltà, ordine e pulizia) ad ambientarsi in una città “peculiare” come Catania? Come cambiano le loro abitudini?
«Come a noi risulta un po’ difficile abituarci all’ordine, perché non rientra nei nostri stili di vita, penso che anche loro abbiano grosse difficoltà ad ambientarsi. Tuttavia le capacità di adattamento non mancano e, anche se all’inizio criticano questi aspetti, tutto sommato poi si innamorano lo stesso della città. Inoltre molti di loro conservano le abitudini che si portano dietro dai loro paesi, per esempio quella di andare in bicicletta (certo, a loro rischio e pericolo!) nonostante l’assenza – inconcepibile per alcuni di loro – delle piste ciclabili».

Di norma i ragazzi che vanno a studiare all’estero tendono ad aggregarsi con i propri connazionali. E’ un aspetto negativo secondo te? Il progetto Erasmus facilita realmente l’integrazione o talvolta questa viene meno?
«Sì, sicuramente è un aspetto negativo, ma in percentuale non tutti mostrano questa tendenza. Certamente capita a molti di vedere numerosi gruppi di spagnoli che si aggirano in comitiva per le strade di Catania, proprio come facciamo noi italiani all’estero. Però l’integrazione nella maggior parte dei casi c’è e si nota. Questo dipende dallo spirito con cui si affronta l’esperienza: chi vuole viverla appieno e approfittare di trovarsi in un paese straniero per entrare in contatto con la cultura, la gente e gli stili di vita locali non si aggrega esclusivamente con i proprio connazionali. Chi invece vive l’esperienza come un’ occasione per divertirsi qualche mese all’estero, mostra l’atteggiamento di chi va in vacanza con un gruppo di amici».

Paola Roccella

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