Dall’eterna querelle sul ponte a frontiera interna al Paese. In questi giorni di epidemia e di corsa al contenimento della diffusione del virus, lo Stretto di Messina si sta imponendo sulla scena mediatica nazionale in una veste diversa a quella che per decenni ha indossato. Non più luogo strategico su cui installare piloni per collegare con l’asfalto la Sicilia al resto dello Stivale, ma punto di transito per chi, intimorito dal Covid-19, vuole riparare nella terra d’origine. Lasciata da pochi mesi o da anni per andare a studiare, lavorare, cercare un futuro diverso altrove. Al Nord.
Dopo le polemiche sui mancati respingimenti a Villa San Giovanni e gli imbarchi nonostante l’ordinanza interministeriale a firma Lamorgese e Speranza, che vieta gli spostamenti tra i singoli Comuni se non per motivi di lavoro o salute, negli ultimi giorni i controlli delle forze dell’ordine si sono fatti più serrati. Il tutto dopo che dall’altra parte dello Stretto prima il presidente della Regione Nello Musumeci e poi il sindaco di Messina – futuro candidato alla Regione Siciliana? – Cateno De Luca hanno protestato, alzando i toni contro il Viminale. A finire nel mezzo sono state le storie individuali di chi si era messo in cammino e si è trovato bloccato a pochi chilometri dall’isola.
«A Villa San Giovanni la situazione è esplosiva, peggiora ogni minuto che passa e va immediatamente sbloccata. Ho sentito poco fa la ministra Paola De Micheli che mi ha chiarito come il governatore della Sicilia ha il dovere di sbloccare questo assurdo paradosso», ha denunciato ieri il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà. Il primo cittadino ha acceso i riflettori su 230 siciliani rimasti fermi agli imbarcaderi calabresi. «Tra loro ci sono anche tanti bambini, non possiamo permetterci che passino un’altra notte in macchina o che si spostino in maniera incontrollata per cercare un posto dove andare a dormire», ha aggiunto.
La situazione si è sbloccata nella tarda serata. Non da Villa San Giovanni ma dal porto di Reggio Calabria. «Sto scortando personalmente con l’ausilio della polizia municipale, della polizia metropolitana, della guardia costiera e della questura le prime 150 persone, tutte residenti in Sicilia, che rientreranno a casa dal porto di Reggio per motivi di sicurezza». Ne restano ottanta su cui ieri Falcomatà si è pronunciato così. «Trovo sinceramente vergognoso che ancora rimangano in Calabria perché chi di dovere non è capace di assumersi la responsabilità di decidere».
Dallo staff del sindaco reggino fanno sapere a MeridioNews che la situazione potrebbe sbloccarsi in giornata. «La situazione è delicata e nessuno lo mette in dubbio, l’esigenza di tutelare la salute di tutti e di limitare il contagio è condivisa – spiegano -. Ma bloccare persone a pochi chilometri dalla propria regione, dopo che sono partite anche da luoghi molto distanti, non ha senso». Il problema per l’amministrazione reggina è stato a monte, consentendo alle persone di partire. «Adesso, con queste azioni, si rischia soltanto di accrescere i rischi – viene fatto notare dallo staff di Falcomatà – perché queste persone hanno trascorso tante ore in spazi angusti. L’unica soluzione è concedere loro la possibilità di raggiungere le proprie case, dove trascorrere rigorosamente la quarantena».
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