La comunità bengalese di Palermo è sconvolta da quanto accaduto a Dacca l’1 luglio, «Abbiamo seguito tutto in diretta guardando il telegiornale di Dacca che noi seguiamo sempre – racconta Sumi Aktar, consigliera bengalese della Consulta delle culture e rappresentanti del Bangladesh nell’organo del Comune di Palermo. – ho sentito cose agghiaccianti, nove vittime italiane, 13 sopravvissuti, venti morti in totale». È stata una vera e propria strage quella accaduta alle 21 dell’1 luglio in Bangladesh, al ristorante Holey Artisan Bakery, attaccato da un commando di miliziani affiliati all’Is nel quartiere diplomatico della capitale, Dacca.
Quando ha appreso la notizia Sumi Aktar è rimasta senza parole: «Sono ancora molto scioccata e scossa da quanto accaduto – racconta – un attacco dell’Is in Bangladesh un Paese dove il 95 per cento della popolazione è musulmana, perché fare attentati in un paese musulmano? Questi non sono religiosi, sono criminali e basta».
«La comunità bengalese di Palermo ripudia ogni atto di violenza compiuta da criminali che si fanno chiamare islamici, ma che poco hanno a che vedere con l’Islam. Siamo vicini e solidali con le famiglie di tutti gli italiani e delle altre vittime innocenti uccise nell’attentato di Dacca» c’è scritto in una nota divulgata dalla consulta delle culture. La comunità che subito ha cercato di mettersi in contatto con parenti e amici in Bangladesh sta organizzando una preghiera collettiva che probabilmente sarà fatta il giorno di chiusura del Ramadan, venerdì prossimo.
«Alcune persone vogliono trasmettere il messaggio che il Bangladesh è un paese fondamentalista islamico, – continua la nota della consulta delle culture – ma noi condanniamo questa visione. Il Bangladesh è stato sempre un Paese laico, dove convivono pacificamente diverse religioni, le cui culture discendono molto dal sanscrito, un paese dove i due più grandi partiti democratici sono guidati da donne. Certamente non un paese di stampo fondamentalista. L’unica cosa che vogliono questi delinquenti è seminare terrore e rovinare l’immagine di un paese meraviglioso, mettendo paura in vista della grande festa del ‘Eid al fitr’. Ma le comunità bengalesi di tutto il mondo rifiutano la cultura della paura e della violenza».
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