Storia di un’auto che oscurava una vetrina «A machina cca un ci l’ha lassari cchiu»

A Palermo ci si lamenta di un sacco di cose. Una di queste è indubbiamente il traffico selvaggio e la difficoltà di trovare un posteggio. Fra divieti di sosta, saracinesche che potrebbero doversi aprire a qualsiasi ora del giorno e della notte e l’altissimo rischio, nelle zone della movida, di rimanere bloccati per tempo immemore da una seconda auto comodamente ferma in doppia fila, quello del parcheggio può trasformarsi di colpo in una questione quantomeno complessa. Ma nella fortunata eventualità di capitare per caso in uno spazio fatto apposta per la propria auto, senza portoni, bar e i cartelli del caso, ecco che qualcosa può andare storto. Perché Palermo ha anche dei pregi. Fra questi, ad esempio, quello di lasciarti sempre senza parole.

«A machina cca un ci l’ha lassari cchiu». Ma a parlare non è il solito posteggino, come piace chiamarlo qui. Nessuno con berretto, marsupio e fischietto legato al collo. È il proprietario di un piccolo bar che vende panini, caffè e gelati. Un bar che si trova in una stradina nei pressi di piazza Principe di Camporeale. Al proprietario non va proprio giù che qualcuno lasci l’automobile davanti alla sua attività. «Ma io non vedo nessun passo carrabile» risponde il giovane mal capitato di oggi pomeriggio. «Va bè…uno che già arrispunni accussì e mette nto mienzu u passu carrabile…» non esita a rispondere l’uomo. «Io mi sono posto in maniera educata e ripeto, qui cartelli non ce ne sono. La mia auto è davanti al marciapiede, non sopra, come tutte le altre che sono posteggiate qui».

Ma l’uomo non ci sta. E il discorso inizia a prendere una piega sempre più ambigua. «Dall’interno del locale vedo la tua auto messa qua davanti e mi sento affucato» si giustifica il proprietario, che però non smorza i toni. «Ma poi mettiti nei panni di un turista: come la deve vedere mai la mia vetrina se ti posteggi qui?». Tuttavia, se un turista volesse per qualche ragione percorrere quella piccola strada per entrare nel piccolo bar, dovrebbe camminare lungo il marciapiede. Quello, insomma, che costeggia la vetrina che secondo il proprietario sarebbe oscurata e quindi invisibile. Il giovane insiste: la sua Matiz azzurra non intralcia l’ingresso del bar e non disobbedisce ad alcun cartello o scritta in vernice spray dal dubbio italiano. La vicenda, come spesso accade, si conclude con un E vissero tutti arrabbiati e scontenti. Il giovane, alla fine, è andato via e il barista si è affrettato a rioccupare il tratto di marciapiede con tavolini e sedie, che magari non avranno un’autorizzazione, ma quanto meno non affucano chi si trova all’interno del locale.

Silvia Buffa

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