Storia di una ciminiera

La centralità del territorio come fulcro dell’indagine ambientale: questo il tema su cui fa leva il saggio “Industria, ambiente e territorio. Per una storia ambientale delle aree industriali in Italia” di Salvatore Adorno e Simone Neri Serneri, entrambi docenti di Storia contemporanea, l’uno presso l’Università di Catania e l’altro presso l’Università di Siena.

L’incontro del 19 gennaio, svoltosi nell’ambito del ciclo “Conversazioni in Sicilia” della facoltà di Lettere e filosofia, ha visto la presenza di diversi relatori e un pubblico attento ai temi di sviluppo industriale, coscienza del territorio e politiche ambientali.

Un volume, quello di Salvatore Adorno e Simone Neri Serneri, che «chiarisce bene come sia possibile guardare a nuovi e sempre migliori investimenti industriali producendo il minor impatto ambientale possibile», afferma Leandra D’Antone, docente dell’Università La Sapienza di Roma. «Questo grazie alle evolute tecnologie di cui l’industria oggi dispone e per cui è possibile prevenire il rischio di possibili danni». 

«La coscienza ambientale va inquadrata all’interno del processo storico di industrializzazione italiana, dal modello fordista a quello della grande impresa», aggiunge poi la professoressa. «E’ a partire dagli anni ’60-’70, infatti, che si inizia a registrare maggior attenzione all’ambiente». Si potrebbe definirlo quasi un «ritardo psicologico» da attribuire al fatto che il boom dell’industrializzazione trascinò il paese da un’economia prettamente agricola ad una nuova fase di sviluppo di cui non si conoscevano ancora bene le linee guida.

«Credo che ancora non esista una prospettiva storica del problema ambientale in relazione al processo di industrializzazione», commenta il professore Paolo La Greca (Facoltà di Ingegneria). «Uno dei modi migliori per poter immaginare il futuro è saper guardare al passato. Ecco perché la prospettiva storica con cui questo volume è concepito risulta essere molto importante».

«Sempre più spesso si guarda alle varie componenti dell’ambiente (aria, acqua, luce) e si pensa al loro più proficuo sfruttamento senza rapportarle adeguatamente al territorio», prosegue poi il docente, sottolineando la necessità di collegare storia industriale e territorio in relazione alle questioni ambientali così come analizzata nel saggio di Adorno.

«La coscienza dell’ambiente esiste da sempre mentre quella del territorio no», interviene Giuseppe Giarrizzo (professore emerito di Storia moderna) che aggiunge: «Le approssimazioni legislative del nostro Paese sono date dalla mancata assunzione del territorio come bene culturale, meno che mai in Sicilia. Prendere coscienza del proprio territorio e delle proprie risorse significa attuare una concreta politica imprenditoriale che guardi allo sviluppo industriale in un’ottica senza dubbio più sana e fruttuosa».

Dal dibattito in sala non può che emergere un vero e proprio conflitto per la qualificazione del territorio tra industria e ambiente. Si ripercorrono le trasformazioni ambientali attraverso i progetti e le scelte degli attori istituzionali e degli operatori economici e si considerano le conseguenze della scelta industriale sull’ambiente e sulla salute della popolazione. «Un libro che serve», così La Greca definisce il saggio in questione. «Un libro utile perché, oltre a riportare chiaramente le linee del quadro storico-industriale del nostro paese, rassegna anche la cronaca di situazioni attuali come lo sviluppo dell’area petrolchimica di Priolo, Melilli e Augusta».

«Un libro non facile da costruire, nato dall’idea di mettere assieme le conoscenze fin qui acquisite», secondo Salvatore Adorno. E a chi domanda quando leggeremo il seguito, il professore risponde: «Il passo successivo potrebbe essere creare dei veri e propri gruppi di lavoro su questi temi. Professionisti del settore che possano studiare la costruzione di imprese per il territorio sul territorio per cui l’attenzione all’ambiente possa diventare una prerogativa e non un problema a cui porre rimedio».

Federica Motta

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