Storia di Alfio, l’uomo che vive davanti Savia I gestori: «Si deve trovare una soluzione»

«Mi chiamo Alfio Faro, ho sessantuno anni, sto qui perché non ho da mangiare», spiega con la voce roca da fumatore accanito. Poi fa un gesto inequivocabile con la mano che sta a significare «non ho soldi». Sono le 15.30 e, come ogni giorno, si trova all’angolo tra via Umberto e via Etnea, dove alcuni turisti lo guardano come a chiedersi: «Che ci fa, in centro di Catania, un uomo che vive in strada?». Lui chiede una sigaretta, e alla risposta negativa dei passanti si poggia al muro, chiudendo gli occhi. «E’ qui ogni giorno, dopo pranzo dorme. Non ci ho mai parlato, ma lo vedo spesso che chiede soldi a chi posteggia i motorini», spiega una ragazza che lavora in un negozio di telefonia a pochi passi. Il signor Faro, però, preferisce rivolgere le proprie attenzioni al noto bar Savia: quando si alza dal suo angolo, va a chiedere sigarette e qualche moneta tra i tavoli della nota pasticceria.

«Sta qui da tempo e viene spesso nel bar. A volte gli diamo un arancino, altre volte viene a comprare qualcosa. Per andare in bagno, però, preferisce Spinella (altra nota pasticceria, ndr), perché lì il gabinetto è al piano terra», spiega uno dei gestori di Savia. Stando ai racconti di chi frequenta la zona, Faro ogni mattina arriva intorno alle 8, si siede accanto alla vetrina della pasticceria e inizia la sua attività da aspirante posteggiatore. La sera va via intorno alle 21. «Purtroppo però non è sempre una persona tranquilla: dà fuoco al cestino getta carte all’angolo con via Etnea. E poi, quando domanda soldi per il parcheggio o chiede sigarette e queste vengono rifiutate, risponde in malo modo. Non è tollerabile una situazione così nel centro di Catania, non è decorosa», racconta Claudio Lombardo, uno dei proprietari di Savia.

Anche perché a volte la situazione degenera. «I turisti, spesso, lo vedono addormentato e allarmati chiamano un’ambulanza. Che va puntualmente via senza che ci sia un’emergenza», continua. «E’ qui da più di un anno, spesso fa i suoi bisogni sul marciapiede e lascia rifiuti davanti alla nostra vetrina. Tempo fa – aggiunge Lombardo – dormiva in alcune fioriere che avevamo messo in via Umberto e che abbiamo tolto per questo motivo». Prima, a quanto riferiscono dal noto bar etneo, Faro stava in piazza Carlo Alberto, ma anche lì la convivenza non sarebbe stata semplice. «Noi non ci permetteremmo mai di cacciarlo, ma si deve intervenire», ribadisce Lombardo.

Pochi minuti dopo le 16 Faro si rialza: va a fare un giro tra i clienti seduti ai tavoli della pasticceria chiedendo sigarette. Poi ritorna al suo posto, sul marciapiede. «Prima lavoravo alla fiera, avevo una bancarella dove vendevo frutta e verdura – racconta l’uomo – Ora sono in pensione, ma non ho casa e non ho famiglia: mia moglie è morta e non ho figli. Dormo in Corso Sicilia, vicino a un bar, e mi lavo alla stazione». Poi fa dei cenni con le mani per indicare la cifra: un sei, un dieci e uno zero. La sua pensione. «Seicento euro, ma non mi bastano».

«Qualcuno, ogni tanto, viene a dargli scarpe o indumenti. E abbiamo visto spesso dei parenti che gli tengono compagnia. L’anno scorso ho chiamato la polizia perché si masturbava in pubblico. E’ venuta una volante, lo hanno portato via e l’indomani era di nuovo qui. Gli agenti mi hanno risposto “Non sappiamo cosa fare”. Ora sono io che mi chiedo la stessa cosa: cosa dobbiamo fare?», conclude Claudio Lombardo.

Leandro Perrotta

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