St, incertezza per il futuro del sito catanese Fiom: «Crocetta può fare ancora molto»

«La preoccupazione sul futuro è condivisa dai dipendenti e dalla dirigenza. Per questo il 4 dicembre scenderemo in piazza, una manifestazione alla quale invitiamo a partecipare tutti i catanesi. Dal futuro di St dipende quello di almeno ottomila famiglie, e quindi della città». Non ha dubbi Giuseppe Sessa, ingegnere e rappresentante sindacale Fiom all’interno della grande azienda italo-francese di microelettronica: la proposta governativa di mettere in vendita le quote del Ministero del tesoro della St potrebbe significare la fine dell’azienda. Perlomeno a Catania, dove negli ultimi anni le garanzie del governo hanno sopperito a una mancanza di commesse all’interno dei piani aziendali, rivolti sugli stessi prodotti agli stabilimenti di Singapore, «garantendo la produzione minima per mantenere il sito aperto».

«Noi qui abbiamo i macchinari per produrre prodotti meno nuovi dal punto di vista tecnologico rispetto agli altri stabilimenti dell’azienda – prosegue Sessa – Senza contare che da almeno dieci anni, da quando è stato allontanato Pasquale Pistorio, abbiamo un ruolo meno importante rispetto ai siti milanesi. E soprattutto, rispetto a quelli francesi», spiega il sindacalista, che teme un definitivo abbandono di quella che era nota come Etna valley. «Dieci anni fa qui lavoravano 4300 persone. Negli anni ’70 sono stati assunti da Numonyx, poi diventata l’attuale Micron a rischio di chiusura, mentre i pensionamenti non sono stati sostituiti da nuove assunzioni. E siamo rimasti in 3400», riferisce il sindacalista. Secondo il quale, se il 15 per cento dell’azionariato St venisse venduto a privati, verrebbe meno «un investimento in un settore strategico per l’Italia, peraltro in una azienda in ottimo stato di salute, che garantisce ottimi dividendi. Per lo stato la vendita varrebbe solo lo 0.5 per cento del Pil, mentre Paesi come la Germania investono somme ingenti per ritornare nel settore». Settore dominato, in Europa, dalla Francia. «Il disequilibrio tra parte italiana e francese è un dato di fatto: negli ultimi anni il governo francese è stato più presente di quello italiano, con investimenti su nuove tecnologie. Gli stessi di cui ha bisogno Catania, dove ormai si producono prodotti vecchi», afferma Sessa. Che, data la situazione di emergenza, chiede aiuto anche alle istituzioni.

«Innanzitutto il sindaco di Catania Enzo Bianco. Ma soprattutto il governatore Rosario Crocetta: lui può fare ancora molto grazie ai fondi strutturali europei. Può davvero fare la differenza destinandoli alla St». Enzo Bianco, già avvisato della manifestazione di giorno 4, che si comporrà di un corteo in via Etnea per concludersi con una assemblea in piazza Duomo, sarà probabilmente presente. In forse la partecipazione del governatore, atteso anche «nell’incontro di giorno 11 con il ministro dello Sviluppo economico, per definire la situazione, a Roma». «Ma faccio presente che in Lombardia Roberto Maroni ha già dato la sua disponibilità, immediata non appena saputa la notizia. Non vorrei che qui in Sicilia fossimo costretti ad inseguire le istituzioni», conclude l’Rsu Fiom.

E se la St non sta bene, la Micron sta peggio: i sindacati Uilm e Uglm annunciano «azioni per scongiurare i possibili licenziamenti dallo stabilimento di Catania dove attualmente lavorano 326 dipendenti». In Italia, secondo quanto dichiarato dalle rappresentanze sindacali, «Micron ha già ridotto la sua forza lavoro da 3200 a 1100 unità». E anche loro chiedono l’auto di sindaco e presidente della Regione.

Leandro Perrotta

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