«Rock e pop sono bellissimi, ogni musica lo è, ma quelle tradizionali e popolari non sono fatte per pogare in una discoteca, mettono insieme le persone, creano relazioni e condivisioni». C’è molta passione in queste parole di Barbara Crescimanno, una delle fondatrici di Arci Tavola Tonda, il circolo organizzatore insieme all’istituto Français della prima edizione del festival Sponde sonore. Una tre giorni in cui, da oggi pomeriggio fino al 4 giugno ai Cantieri culturali alla Zisa, saranno organizzati seminari, workshop e concerti all’insegna della riscoperta delle musiche e delle danze provenienti da tutto il Mediterraneo. Per promuovere il meglio della tradizione arriveranno in città artisti, insegnanti, ricercatori e autori dalla Francia, dalla Spagna e dal sud Italia. Protagonisti indiscussi saranno, quindi, gli strumenti della tradizione: «L’organetto, la zampogna, i tamburi a cornice – spiega Barbara – È un altro tipo di repertorio dal punto di vista della musica, del canto e delle danze».
L’idea di questa iniziativa nasce dal progetto precedente Artigiani culturali, finanziato dal Consiglio dei ministri per la creazione di un’orchestra tradizionale e di un corpo di ballo: «All’interno di questo progetto era prevista la messa in opera di un festival che potesse riportare a Palermo quello che in realtà c’è sempre stato, ma che alcuni hanno solo dimenticato – continua Barbara – La nostra città, per secoli centro del Mediterraneo, è stata un punto di incontro fra culture diverse. Stiamo semplicemente riportando qualcosa che c’era già». Cornice di recupero in cui si inseriscono a pieno titolo anche le musiche dei migranti e dei richiedenti asilo che passano o vivono stabilmente a Palermo, «anche questo rappresenta un contributo prezioso per valorizzare la tradizione di questa terra». Anche le future edizioni del festival saranno basate sul legame fra musica e danze della tradizione, «repertori che rispetto alla musica rock e ai concerti per come li intendiamo oggi, permettono alle persone di ballare insieme piuttosto che da soli – sottolinea ancora Barbara – attraverso un festival che intende rivolgersi a tutti, attraverso il meccanismo visto già anche con le feste a ballu organizzate da allievi ed ex allievi dei nostri corsi».
Vere feste che durante i mesi scorsi hanno riempito nuovamente le piazze del centro storico, non più luoghi di passaggio ma di condivisione, di legami. «In questo momento le danze tradizionali sono ancora un fenomeno di nicchia, ma a colpi di gomitate sta uscendo fuori dagli argini», dice Barbara, che tira in ballo anche la cosiddetta mazurka clandestina, nata in Italia da alcuni appassionati del balfolk di Milano, che alla fine di un concerto hanno deciso di continuare a ballare usando la musica registrata. Una danza molto intima, sensuale, simile a un tango ma più semplice e che «ha dato alle persone la possibilità di ritrovare il piacere del contatto intimo slegato però dal provarci e dalla conquista, ma che è piuttosto il piacere dell’abbraccio». Da quel primo episodio milanese del 2008 quello della mazurka clandestina è diventato un vero e proprio fenomeno organizzato ogni anno in una ventina di città, compresa Palermo.
«Continuiamo, in quanto esseri umani, a sentire l’esigenza di scendere in piazza e ballare con gli altri, il bisogno sociale di condividere un ritmo insieme e le danze e le musiche popolari sono ancora fortemente legate a questo bisogno. Prive di qualsiasi protagonismo, danno la possibilità di fare una cosa che potenzialmente è nutriente per tutti e che abbiamo perso negli anni a causa delle trasformazioni socio-culturali che hanno sconvolto molti equilibri». Un fenomeno molto complesso legato alla globalizzazione e che inevitabilmente torna a ripresentarsi: «Succede ciclicamente che le esigenze radicali dell’essere umano in un periodo di crisi vengano momentaneamente messe da parte – conclude Barbara – Ma a un certo punto tornano a chiedere di nuovo attenzione».
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