Plastica, cotton fioc, tappi. E ancora vetro, ceramica e polistirolo. Ovunque mozziconi di sigarette. Sulle spiagge siciliane ci sono più rifiuti che conchiglie. È l’istantanea che emerge dall’ultima indagine Beach litter, letteralmente la spazzatura degli arenili, promossa da Legambiente nell’ambito del progetto Spiagge e Fondali Puliti – Clean Up The Med. In Sicilia, l’associazione ambientalista ha preso in esame e monitorato quindici spiagge situate tra le cinque province di Palermo, Messina, Ragusa, Siracusa, Agrigento. I risultati sono apparsi subito allarmanti: su una superficie di 59.250 metri quadrati sono stati ritrovati 11.059 rifiuti con una media di 737 rifiuti ogni cento metri (superiore rispetto alla media nazionale di 620 rifiuti).
È la spiaggia palermitana di Romagnolo a far registrare il più alto numero di rifiuti: 4.383 in 100 metri. Tra i materiali più rinvenuti, il 60 per cento è costituito da oggetti di plastica. Non va meglio nella provincia di Agrigento dove sul litorale Babbaluciara sono stati raccolti 1.552 rifiuti, in prevalenza di plastica (87 per cento). Maglia nera anche all’arenile di Spinesante, nel comune di Barcellona, con 1.345 rifiuti recuperati, di cui più della metà plastica (59 per cento). Meno preoccupante lo stato di salute della spiaggia di Mazzeo, a Taormina, con il più basso numero di spazzatura rinvenuta: 61 rifiuti in 5.100 metri quadrati di arenile.
Dal dossier emerge che la plastica è, infatti, il materiale più ritrovato sulle spiagge siciliane con una percentuale pari al 66 per cento (minore rispetto alla media nazionale delll’80 per cento), seguita da vetro/ceramica (14,2 per cento), metallo (5,9 per cento) e carta/cartone (4,4 per cento). Per quanto riguarda le tipologie di materiali spiaggiati troviamo: pezzi di plastica con dimensioni inferiori a 50 cm (13,3 per cento), cotton fioc (11,3 per cento) e contenitori in plastica (9,2 per cento). Sulla lista anche tappi (7,3 per cento), mozziconi di sigarette (5,1 per cento), materiale da costruzione (3,9), cannucce (3,2 per cento) e polistirolo (2,3 per cento).
L’associazione ambientalista fa notare come la cattiva gestione dei rifiuti urbani unita alla carenza di sistema depurativi e alle scorrette abitudini come utilizzare i wc alla stregua di una discarica sono le principali cause dell’inquinamento dei mari. Non da meno sono le responsabilità dei pescatori: il due per cento degli oggetti ritrovati sono reti, lenze e scatoline delle esche. Tutta spazzatura destinata, inevitabilmente, a finire in mare con gravi conseguenze per tartarughe, mammiferi, uccelli marini, invertebrati, pesci. «Questi rifiuti – riporta il dossier – possono intrappolare, ferire o essere ingeriti». In particolare, «l’ingestione dei rifiuti di plastica documentata in oltre 180 specie marine – si legge – provoca soffocamento, malnutrizione ed esposizione alle sostanze tossiche contenute o assorbite dalla plastica».
La soluzione richiede politiche e nuove misure volte a incrementare la raccolta e il riciclo della plastica. «Se da un lato – sostiene con fermezza Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – occorrono più controlli per garantire il rispetto delle leggi, dall’altro è urgente avviare la rimozione dei rifiuti dai fondali marini con una nuova consapevolezza da parte di tutti gli attori in gioco: dai cittadini ai turisti, dagli operatori turistici alle amministrazioni locali e regionali, fino ai pescatori, per mettere in campo comportamenti virtuosi per la riduzione dei rifiuti plastici e l’azzeramento della loro dispersione nell’ambiente».
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