«A discapito di quanto indicato in numerosi articoli di stampa, in trasmissioni televisive, nonché in un cospicuo numero di interventi sui social network, si precisa che in merito alla vicenda attinente alle sorelle Napoli di Mezzojuso che vede indagati Simone La Barbera, Antonino Tantillo e Liborio Tavolacci, nostri assistiti, non sono in alcun modo rilevate nell’avviso conclusioni indagini emesso dalla procura della repubblica presso il tribunale di Termini Imerese il 15 aprile 2019 contestazioni circa l’appartenenza all’associazione mafiosa Cosa nostra, né tanto meno la contestazione dell’aggravante del metodo mafioso o dell’agevolazione mafiosa». Questa la precisazione che hanno sentito di fare gli avvocati Antonino Di Lorenzo, Filippo Liberto e Salvatore Aiello, che difendono i tre indagati.
«Il procedimento penale – precisano infatti – riguarda i reati di tentata estorsione aggravata dalla presenza di più persone e di calunnia, per il quale il tribunale del Riesame di Palermo ha già annullato per la tentata estorsione le ordinanze di custodia per mancanza di gravi indizi di colpevolezza. Non è stata emessa alcuna misura cautelare per la calunnia, reato oggi contestato e sopraggiunto solamente con l’avviso conclusione indagini».
«Ancora, appare allo stato del tutto destituita di fondamento qualsiasi connessione tra il procedimento penale denominato Cupola 2.0 che coinvolge solo La Barbera e che interessa altri e diversi fatti di reato privi, allo stato, di alcun collegamento con la vicenda in oggetto – concludono -. Appare infine opportuno affermare come qualora fosse stata contestata l’associazione mafiosa, ovvero l’aggravante del metodo o dell’agevolazione mafiosa, l’ufficio del pubblico ministero competente non sarebbe stata la procura della Repubblica presso il tribunale di Termini Imerese, ma la Dda di Palermo».
(Fonte: Ansa)
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