“Lottiamo insieme, insieme si può”: questo uno degli slogan ripetuti durante la giornata di mobilitazione contro l’omofobia e la transfobia, battezzata “Una giornata particolare”, e tenutasi il venerdì scorso a Catania.
«L’organizzazione di questa giornata nasce dalla necessità di reagire agli ultimi attacchi contro gli omosessuali. Oggi diciamo no al clima di omofobia e transfobia che si respira in questi ultimi tempi; se si considera che i crimini commessi nei primi otto mesi del 2009 superano tutti quelli commessi nell’intero 2008, diventa evidente una recrudescenza degli atti di violenza». Queste le parole di uno degli organizzatori dell’evento, Dario Accolla, il quale ha tenuto a precisare, anche, che «il diritto degli omosessuali è il diritto di tutti; ciò che rivendichiamo non è una questione che riguarda solo noi omosessuali, ma deve diventare patrimonio civile e culturale per tutti, a prescindere dalle personali tendenze sessuali».
Quali le richieste delle associazioni siciliane contro l’omofobia e la transfobia, che hanno organizzato e partecipato attivamente alla manifestazione? «Sono tre richieste, e non si tratta di privilegi, che potrebbero salvare la vita di molti omosessuali e renderne la giusta dignità», afferma Dario Accolla, esponente del Codipec Pegaso. «Non sono richieste che abbiamo tirato fuori dal cappello all’improvviso, ma che si rifanno al dettato costituzionale, che non nega i nostri diritti all’interno del Diritto europeo».
Primo, l’estensione della legge Mancino ai reati dovuti all’intolleranza verso omosessuali e transessuale e relativa all’identità di genere. Secondo, l’accesso all’istituto del matrimonio civile.
Terzo, la concessione del diritto di adozione alle coppie omosessuali.
La manifestazione, che si è svolta prima in Piazza Verga e poi si è spostata in Via Etnea, ha visto l’esecuzione collettiva di una morte simulata, un flash mob durante il i partecipanti, al suono di un fischietto, si sono gettati in terra, mentre uno di loro, Giuseppe Calcagno, con un megafono, ha elencato alcuni degli atti omofobici recentemente commessi in Italia. L’azione si è ripetuta due volte e in entrambe ha destato la curiosità dei passanti, incentivando la volontà dei partecipanti di manifestare e manifestarsi, perché «solo vedendoci e vivendoci la gente può riconoscerci e capire», dice Alessandra Fasanaro.
Angela Gentile, membro dell’Associazione “Kalon Glbte”, rialzandosi e riprendendosi dalla finta morte, ha dichiarato: «Vogliamo fare sentire la nostra voce, per combattere le aggressioni. Ad agosto ce ne sono state ben quindici e tutte hanno riguardato grandi città italiane, dalle quali ci si aspetterebbe una maggiore apertura mentale verso certi temi. Siamo stanchi di vedere che gli omosessuali non vengono ritenuti cittadini a tutti gli effetti». Poi, smessi per un attimo i panni di attivista dell’Associazione, Angela si lascia andare a qualche confidenza: «I miei genitori sanno che sono omosessuale, non me ne sono mai vergognata, perché questa è la mia vita, la mia normalità, e, di questo, loro sono fieri e orgogliosi».
A sottolineare che i diritti dei gay sono i diritti di tutti c’è la natura stessa di alcune associazioni, che non si preoccupano solo degli omosessuali, ma anche di tutte quelle persone considerate socialmente esposte all’abbandono e al disagio, come gli immigrati, i barboni e, spesso, anche le donne. Anna Di Salvo, dell’Associazione “Città Felice”, dichiara, con orgoglio, di occuparsi soprattutto di donne, «della bellezza delle donne che si amano».
Nella seconda parte della giornata l’evento si è spostato in Piazza Stesicoro, dove sono stati allestiti diversi banchetti espositivi da parte delle associazioni presenti ed è stato esposto un prodotto editoriale “fatto in casa” ma molto esplicativo, dal titolo “La gazzetta dell’omofobo, Pregiudizio editore”, consistente in una raccolta di affermazioni omofobe di alcune figure politiche nazionali. Presente anche Sara Crescimone, dell’ “Open Mind Glbt” Catania, che ha dichiarato: «E’ un momento di emergenza a causa della violenza e dell’impunità dilaganti; per questo è necessaria l’estensione della legge Mancino. Non chiediamo privilegi, ma solo la tutela delle nostre vite. Il governo non dica a noi come amare; la stessa cura dei figli non dipende dall’orientamento sessuale, specialmente se si pensa che i reati più crudeli commessi sui minori avvengono proprio all’interno di famiglie eterosessuali».
L’evento è proseguito con un ennesimo giro di flash mob, durante il quale i “caduti a morte”, stavolta, si sono abbandonati sulla bandiera della pace, spiegata sul suolo della piazza, e con la proiezione di videoclip, alcuni ironici, altri realistici e, per questo, più crudi, ma tutti carichi di speranza e voglia di fare, di andare avanti in questa lotta contro il sistema. Ma ecco che viene trasmessa l’esperienza raccontata, di Andrea Nucifora, membro dell’Arcigay, chiamato a lavorare per la “Lithuanian Gay Leaugue”, l’unica associazione ad occuparsi dei diritti dei gay in Lituania. Diverse le difficoltà incontrate durante la sua esperienza lavorativa in Lituania, a causa di una rigidità assoluta verso l’argomento e una violenza inaudita verso qualunque forma di espressione da parte della comunità gay. Facendo un bilancio, Andrea Nucifora dice: «Ho vissuto uno shock culturale, sentivo di non poter fare, mi è mancata la Sicilia, dove, nonostante tutto, c’è più tranquillità. Lì ho rivissuto i miei 16 anni, quando in famiglia nascondevo la mia omosessualità». E prosegue: «tuttavia ho imparato tanto e mi sono reso conto che c’è molto da fare. E non parlo da membro dell’Arcigay, ma da persona che vuole vivere con naturalezza i suoi rapporti. Se c’è tanto clamore intorno a questa realtà un motivo deve pur esserci; non può essere una paranoia collettiva».
Ma ad attirare l’attenzione di passanti e curiosi hanno provveduto la finta impiccagione di Alessandra Fasanaro, membro dell’Associazione “Kalon Glbte”, marchiata con la scritta “condannata a morte perché lesbica” sul petto. E soprattutto il kiss mob, forse, il momento più emblematico di tutta la giornata. Sulle note di “I gotta feeling” dei Black Eyde Peas, dopo l’ormai noto segnale di richiamo, le coppie presenti si sono baciate all’unisono, fino all’arrivo di un altro fischio che le ha stoppate.
Inevitabile chiedere un commento a caldo ad una delle coppie che aveva appena partecipato al kiss mob. La domanda è “come è stato”? Marco Salanitri, del Codipec Pegaso, ancora un po’ “provato”, dice: «Mah…è stato un po’ imbarazzante, mi sentivo addosso gli occhi di tutti; però è stato bello»; meno pudico e più spontaneo il suo compagno, Alessandro Motta (anche lui del Codipec Pegaso), che dichiara: «Nessun imbarazzo; è una cosa naturale, nella quale mi sento bene, completamente a mio agio; è stato bello e quasi liberatorio».
E così, sul ricordo di un catartico bacio collettivo, dal retrogusto amaro di protesta, si è conclusa la “giornata particolare”. Una giornata che porta con sé importanti aspettative e una buona dose di speranza.
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