Somari a Harvard (grazie a papà)

Che cosa hanno in comune Lauren Bush, Vanessa Vadim, Jessica Spielberg, Dhani Harrison, Christopher Ovitz e Albert Gore? Sono tutti «figli di papà» che nonostante lo scarso profitto scolastico sono riusciti ad entrare nelle più esclusive università americane Ivy League, in cambio dei favori (e dei milioni di dollari) elargiti dalle loro famiglie a queste istituzioni.

A svelare il segreto è il libro «The Price of Admission», firmato da Daniel Golden, laurea a Harvard e una delle penne più autorevoli del Wall Street Journal, vincitore di tanti premi giornalistici tra cui il Pulitzer. La sua provocatoria tesi: i college che si vantano di essere i più rigorosi del mondo scartano regolarmente gli studenti migliori (ignorandone gli ottimi voti nei test), per far posto ai loro coetanei somari, rampolli dell’aristocrazia di Hollywood, Wall Street e Washington. «La meritocrazia nelle scuole americane è un mito», scrive Golden. In realtà la «rich white people », la gente bianca ricca, è decisa a «perpetrare il sistema di caste, assicurando che il Paese resti nelle mani delle solite famiglie ».

Gli esempi si sprecano. Christopher Ovitz, figlio di Michael, (l’agente più potente della Mecca del cinema) nonostante un «curriculum mediocre e la pessima condotta» (alle medie fu sospeso per aver tirato una mazza da baseball ad una compagna) è entrato alla Brown come «studente speciale». Per sdebitarsi il padre ha sponsorizzato seminari con Martin Scorsese e Dustin Hoffman.

Tra gli sponsor più generosi c’è l’ex palazzinaro Charlie Kushner, oggi in carcere per evasione fiscale e finanziamento illecito dei partiti: nel ’98 regalò due milioni e mezzo di dollari ad Harvard per olearne l’ingresso al figlio Jared. E nel 2001 fece bis, comprando per tre milioni l’entrata alla New York University per la figlia Dara. Dal nepotismo non sarebbero immuni neppure i Sulzberger, il potente clan dietro il New York Times: dopo l’iscrizione di Cynthia Fox Sulzberger a Duke, il vecchio Arthur Ochs Sulzberger commissionò al giornale una benevola storia di copertina sull’università. E nemmeno i Bush: Lauren, modella part-time dalle chiare idee repubblicane come lo zio e il nonno
inquilini della Casa Bianca, è entrata a Princeton, tempio del liberalismo, nonostante la domanda d’iscrizione pervenuta fuori tempo massimo. «L’università ha chiuso un occhio—scrive Golden —. Eppure anche il suo test era considerevolmente inferiore alla norma».

La maglia nera del clientelismo appartiene però alla Brown University. David Zucconi, arbitro delle iscrizioni, avrebbe «aiutato personalmente Vanessa Vadim, figlia di Jane Fonda e Roger Vadim, a saltare tutti gli ostacoli per essere ammessa ». Più tardi la mamma attrice ha inviato un assegno di 750 mila dollari. E lo stesso Zucconi avrebbe corteggiato intensamente, con successo, i figli di ben due Beatles: Dhani Harrison, primogenito di George, e Francesca Gregorini, figliastra di Ringo Starr
nata dal matrimonio tra l’ex ragazza di James Bond, Barbara Bach, e l’industriale italiano Augusto Gregorini. Meno fortuna Zucconi ebbe invece con Sofia Loren. Alla Brown, dove era stato subito ammesso, suo figlio Edoardo Ponti preferì la University of Southern California.

La pratica sarebbe esercitata ex equo da repubblicani e democratici. Il figlio dell’ex vice presidente Al Gore è entrato ad Harvard— e così il primogenito del leader dei repubblicani al Senato Bill Frist a Princeton — nonostante i pessimi voti. Mentre un geniale coetaneo «asian american », infinitamente più qualificato, è stato respinto da tutti i migliori atenei «perché figlio di un signor nessuno ». «Nell’America di oggi gli asiatici sono diventati i nuovi ebrei — spiega Golden —. I canoni di ammissione per loro sono infinitamente più duri».

La speranza di Daniel Golden? Che il suo libro possa resuscitare la proposta di legge di Ted Kennedy: revocare gli sgravi fiscali e i fondi federali alle università colpevoli di queste pratiche.

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E allora? Occorre importare Harvard?

Sul famoso “modello americano” segnaliamo i seguenti articoli:

“Non imitare Harvard” di Michele Salvati su CorrierEconomia del 26.6.06:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2006/06/26SI21003.PDF

“La guerra di Harvard” di Walter Mariotti sul Foglio dell’8.6.06:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2006/06/08SI84038.PDF

“L’Università USA gestisce un fondo pari alla finanziaria italiana 2006.
Harvard sempre più ricca ma paggiora la qualità didattica” di Ermanno
Bencivenga sulla Stampa del 23.10.05:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2005/10/38269564.pdf

Alessandra Farkas

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