«Un sindacato che non si limiti a offrire servizi, ma che sappia essere un interlocutore serio e un punto di riferimento per gli operai». Il primo giorno da segretario regionale è, per tradizione, l’occasione ideale per parlare di obiettivi a lungo termine e temi di ampio respiro. Giovanni Pistorio, eletto ieri a guida della Fillea Cgil, tiene a specificare che si tratterà di un ordine del giorno quotidiano.
Pistorio, il suo nome era nell’aria dopo le dimissioni di Mario Ridulfo, andato alla Camera del lavoro di Palermo.
«Per me è una grande responsabilità, che affronterò con l’impegno di sempre e partendo dalla convinzione che la legalità deve essere precondizione per qualsiasi forma di sviluppo del territorio. Solo così si può fare gli interessi dei lavoratori, compresi quelli del settore edile».
Quali sono le criticità che interessano oggi il lavoro edile?
«Ce ne sono diverse, ma la prima che va citata è la questione sicurezza sul posto di lavoro. Si continua a risparmiare sui costi a discapito della salute. E ciò avviente sia nel privato che nel pubblico. Nel primo caso è più semplice, ma anche dai cantieri pubblici, dove i costi per la sicurezza sono fissi e stabiliti già in sede di gara d’appalto, arrivano segnalazioni episodi non regolari che, in quanto tali, vanno tutti segnalati».
Andiamo avanti.
«Resta la piaga del lavoro in nero. In questo caso è il settore a essere più colpito. Una speranza, in questo senso, potrebbe arrivare dalla novità del Durc di congruità, ovvero il principio per cui per avere il documento di regolarità contributiva in ordine ci dovrà essere corrispondenza tra le ore previste per l’esecuzione di un’opera e quelle dichiarate in Cassa edile».
Poi c’è il caso di chi un contratto magari ce l’ha ma con un inquadramento che non riflette la propria esperienza.
«Ed è questo il terzo tallone d’Achille. Se facessimo un censimento dei lavoratori troveremmo tantissimi operai che risultano semplici manovali, nonostante anni e anni di esperienza. Una soluzione sono convinto che possa arrivare da un miglioramento della formazione professionale, in modo da dare la possibilità ai lavoratori di conseguire certificazioni tali da determinare con evidenza anche gli adeguamenti contrattuali».
Oltre a essere legato alla Cgil, il suo nome è legato anche alla Cassa edile di Catania. La stessa dove meno di un anno fa si è registrato lo scandalo dei Durc falsi.
«Ero vicepresidente quando è scoppiata l’inchiesta che ha coinvolto numerosi imprenditori e l’ex direzione della Cassa. Che dire, sin dal principio ho condiviso la linea per cui bisognava denunciare tutto ciò che non andava. Adesso è giusto che sia la magistratura a dire se e quali reati sono stati commessi. Certo è che da un punto di vista etico non posso che esprimere un giudizio negativo sull’operato di chi ha messo in campo una serie di azioni per ottenere vantaggi illegittimi».
Quello dell’edilizia è da sempre un terreno delicato, che attira interessi di tutti i tipi. Anche criminali. Quali strade andrebbero intraprese per far sì che si cambi direzione?
«L’obiettivo deve essere il consumo zero del territorio. La storia della Sicilia, a partire dal sacco di Palermo, ci dice che la cementificazione indiscriminata del territorio è stata lo strumento con cui si sono costruite alleanze tra malapolitica, affaristi e Cosa nostra. E in contesti del genere a rimetterci sono anche i lavoratori, costretti a piegarsi davanti a sistemi che non garantiscono alcuna tutela, ma solo discutibili protezioni per chi rinuncia a far valere i propri diritti».
Un rappresentante dei lavoratori edili che parla di consumo zero. Potrebbe sembrare un controsenso.
«Tutt’altro. L’occupazione di nuovo suolo andrà ad aggravare la vita delle generazioni future, ma soprattutto replicherebbe condizioni di lavoro non ottimali. Puntare al consumo zero non significa non lavorare. Basta pensare a quanto si potrebbe fare in tema di ristrutturazione, riusco e infrastrutture che servono alla collettività più di nuovi palazzoni».
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