Sicilia: un turpe animo dalla bella copertina?

Un grande garage, una scrivania piena di libri, fogli, un computer, una stampante,un notebook, il telefono, il fax, ciò che resta di vecchi computer, e mille attrezzi da lavoro, è qui che prende vita l’intervista a Giorgio Russo giovane programmatore ventiseienne alle prese con i mille problemi del mondo del lavoro e della società.


Lavori ancora da poco ma l’esperienza non ti manca, hai avuto a che fare sia con aziende che con privati. Quali sono le differenze?

“Si tratta solo di differenze fiscali; se sei un dipendente il guadagno personale non supera il più delle volte i 1.200 euro al mese e di questi tempi tra tasse, mutui, e tutto il resto non si può certo sperare di farcela senza un altro guadagno. Lavorando autonomamente si può sperare di guadagnare un po’ di più.

Per le aziende faccio alcuni programmi che posso gestire da solo senza dover essere assunto come dipendente, mi spiego:le aziende hanno delle esigenze, come ad esempio la memorizzazione di dati, che non possono essere soddisfatte dai comuni programmi in commercio, ma  hanno bisogno di essere “personalizzati”.


Il tuo lavoro ha un buon riscontro sul mercato?

“Ottimo, se hai i clienti giusti però, quelli che ti chiamano spesso e non hanno problemi di solvibilità, e comunque quelli che appartengono a precisi campi lavorativi che non entreranno mai in crisi, ad esempio quello medico. Io lavoro anche per loro”.


Dopo una breve frequentazione della facoltà di informatica hai deciso di imparare tutto da solo, perché?

“Conosco molte persone laureate alla facoltà di informatica,ma non hanno la preparazione pratica necessaria. Purtroppo l’università italiana dedica poche ore alle attività di laboratorio causando nei giovani universitari un’inadeguatezza lavorativa. Io compro i libri e li studio applicandoli direttamente al computer”.

Dunque per te molti libri, ma anche dei corsi, non solo in Sicilia ma soprattutto a Milano. Quale il confronto tra un giovane programmatore siciliano e uno milanese?

“Il confronto non regge. Ha molte più possibilità il milanese. Basta visitare la Sicilia per verificare ciò che sto dicendo; nella strada Catania-Palermo il paesaggio è caratterizzato da campagne incolte. Quando si arriva all’aeroporto di Linate o  Malpensa si vedono capannoni industriali, fabbriche, multinazionali, è quindi più facile trovare lavoro in tutti i settori, in quanto l’economia è più sviluppata.

In Sicilia non abbiamo grandi industrie  tranne l’ST o la Tomarchio; molte aziende multinazionali come la Kraft, hanno loro filiali al nord perché in genere si preferisce investire dove l’economia è più forte”.


Ma secondo te è perché c’è mancanza di fondi o perché manca la “cultura industriale”?

“Il problema della Sicilia, e dell’Italia in generale,è quello che si vogliono prendere come punti di riferimento modelli troppo grandi, come quello americano ad esempio,mentre sarebbe meglio che ogni Regione sviluppasse l’attività più consona alle proprie possibilità. A mio parere in Sicilia si dovrebbe puntare più sul turismo e non sull’industria petrolchimica come quella di Priolo che ha soltanto rovinato il paesaggio.

La nostra regione è in grado di produrre petrolio eppure il prezzo della benzina da noi è più alto rispetto ad altre regioni (come la Valle D’Aosta) che invece la devono acquistare e questo grazie al fatto che quest’ultima ha delle leggi più vantaggiose; in Sicilia non abbiamo questo tipo di agevolazioni perché chi ci governa vuole solo trarre guadagni da tutto, rispecchiando la figura del perfetto siciliano”.


Bisognerebbe dunque attuare prima un processo di educazione del siciliano?

“Non avverrà mai. Il ragionamento di base è “mi interessa solo ciò che è mio”. Basta andare nei quartieri popolari per vedere il degrado esterno con i cassonetti dell’immondizia pieni e le strade sporche, ma l’interno delle case pulito e curato, secondo il ragionamento “la strada non è mia, non mi appartiene, dunque non mi interessa”. Il siciliano non ha la cultura di società e di collettività”.


Se tu avessi i fondi necessari, investiresti sulla Sicilia?

“Ci penserei prima, perché per quanto positive possano essere le mie intenzioni verrei ostacolato. Per cambiare ci vuole la volontà di farlo e qui non c’è. Chi ha la volontà viene frenato con il risultato che sempre più giovani se ne andranno.

C’è comunque un’alternativa, arrangiarsi per sopravvivere”.


Tu perché non te ne vai?

“Al momento sto adottando la filosofia di vita dell’arrangiarsi, ma è dura. Non posso negare che il pensiero di partire mi convince sempre di più ma, forse perché mi è già capitato di vivere, anche se solo poche settimane all’anno, nella realtà di Milano, so che le difficoltà non sarebbero poche. Lì si entra a far parte di un sistema, come una pedina, perdendo la propria individualità di essere umano, e nelle poche ore libere non si può certo andare a fare una passeggiata sulla spiaggia. Si deve fare una scelta: la bellezza della Sicilia (come terra) ma vivere nell’inciviltà, nell’incertezza di trovare un buon lavoro, oppure andare via lasciando gli affetti e vivere solo per il lavoro”.

Testimonianza dunque del fatto che, per quanto ci si possa illudere che la nostra Sicilia stia reagendo alla sua arretratezza, una copiosa parte dei ragazzi siciliani è ancora costretta a lasciare la propria patria per un’affermazione nel lavoro. Speriamo solo in un loro ritorno ed evitare che della Sicilia rimanga solo la nuda terra.

Chi è Giorgio Russo?
Giorgio Russo è nato a Catania il 15-09-1980. Ha il diploma di perito informatico conseguito presso l’istituto Marconi di Catania. Ha lavorato nell’azienda di famiglia e in diverse aziende come la All Sign e la Pectine Industry.
Attualmente è un lavoratore autonomo.

Alessandra Duro

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