gay pride
by redazionestep1
Sono le 16 e il sole splende su piazza Cavour. Sotto la canicola del luglio catanese fervono i preparativi per una magnifica festa. Palloncini e girandole colorate ovunque, trampolieri e ballerini scaldano i muscoli. Nell’aria risuona musica dance, psichedelica e allegra, che non può non far venire a tutti la voglia di ballare. Tutto intorno si vedono cartelli e striscioni, la maggior parte dei quali variopinti, divertenti ed autoironici.
Ci siamo. Catania è pronta per ospitare il Sicilia Pride 2009, la grande parata organizzata dalla comunità GLTB siciliana. Una festa.
La gente intervenuta da tutta la Sicilia è tanta. Tutti ballano, cantano e si divertono. Ognuno con la sua storia, con la voglia di farsi conoscere e di condividere con gli altri le proprie esperienze.
Roberta e Morgana vengono da Palermo, sono molto alte, hanno i capelli curati, gli occhi truccati e dei tacchi altissimi. Hanno il seno prosperoso, un fisico scolpito che difficilmente non s’invidia, e sono estremamente belle. Sono due transessuali che, per il Pride, si sono ritrovate a Catania in mezzo a circa 1500 persone. “Credo di essere esattamente identica a voi», inizia Morgana: «Due seni, due gambe… Anzi, le mie sono pure più lunghe! Vogliamo dimostrare, qui, oggi, che esistiamo, che siamo realtà. Non girate la testa dall’altra parte quando passiamo, non fate finta di non vederci…”
Il loro “qui” è Catania, e Palermo?
“Be’, Palermo è cinquant’anni indietro rispetto a Catania. Là una cosa del genere ce la sogniamo… Un Pride così non l’abbiamo mai fatto, e non perché non l’abbiamo mai organizzato. Non si può fare, ed è diverso. Da oggi non ci aspettiamo nulla. Semplicemente perché non si fa niente aspettandosi qualcosa in cambio!”
Da piazza Borgo a piazza Università, il corteo ha sfilato festoso lungo via Etnea, con la musica a tutto volume, in uno scintillio di paillettes e coriandoli che scendevano in mezzo alle centinaia di bandiere coi colori dell’arcobaleno. Un gruppo di scatenate Drag Queen intrattengono la folla ballando a ritmo di Maracaibo, in un caleidoscopio di piume colorate, concedendosi con disinvoltura all’ obbiettivo dei tantissimi fotografi presenti alla manifestazione.
“Catania, per quanto riguarda il sud, è probabilmente la città più moderna e all’avanguardia. Per l’alto numero di associazioni GLBT, è anche il posto ideale per organizzare un Gay Pride nazionale, che vorremmo fare tra un anno. Peraltro, nel 2010 sarà il trentennale della fondazione del primo circolo dell’Arcigay in Italia, a Palermo, e il trentennale dei clamorosi fatti di Giarre, quando due ragazzi vennero uccisi perché si tenevano per mano per le vie della città. Adesso abbiamo fatto una rivoluzione…”, e chi lo dice è Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay, in testa alla manifestazione su una carrozza trainata da due cavalli bianchi insieme alla drag ‘madrina’, nella migliore tradizione favolistica.
Durante il tragitto, il serpentone si riempie perché “è la gente ai bordi delle strade che si unisce al popolo gay. L’affluenza, comunque, è molto soddisfacente, e dimostra che una rivolta culturale è possibile, anzi, che è una cosa che sa essere concreta”, secondo Stefania Licciardello, presidentessa dell’Arcigay di Catania.
Non manca neanche qualche esponente politico, come Luca Spataro, segretario provinciale del PD, che spiccava in giacca e cravatta. “Venivo da un altro incontro”, si giustifica, e prosegue: “E’ una bella festa, che chiede diritti per uomini e donne che si vogliono amare e non ne hanno riconosciuta la possibilità dallo Stato. Sono il segretario di un partito che si dice “democratico”, e non posso non portare solidarietà e sostegno a questa realtà!”.
Parlando coi protagonisti del Sicilia Pride, però, pare che di sostegno non ci sia bisogno. La necessità diffusa – dicono – è quella del riconoscimento. Una coppia non nasconde il suo amore davanti a tutti: lei è una trans, lui è etero. Ci raccontano che lui ha lasciato la moglie, per stare con lei che è una donna, a tutti gli effetti, e che vuole essere amata solo in quanto persona. Ci raccontano che lei è stata picchiata per aver mostrato ciò che è, senza paure.
Sergio è uno studente spagnolo in Erasmus a Catania dallo scorso settembre e, in perfetto italiano, ci spiega che il Sicilia Pride non gli sembra che una festa, una bellissima festa che celebra la diversità. «A Madrid ci sarebbero state un milione di persone», sorride “ma in Italia credo che non ci si potesse aspettare di meglio”.
Una domanda, però, sorge spontanea: nel 2009 è ancora necessaria una manifestazione del genere per parlare di omosessualità?
“Noi vogliamo ricordare che esistiamo ed è un momento di visibilità. Dopo oggi, ci sono trecentosessantaquattro giorni di lavoro in cui si opera secondo schemi più tradizionali”, ci risponde Dario Accolla, attivista del neonato CODIPEC (Centro Omosessuale di Iniziativa Politica e Culturale) Pegaso e blogger.
E cosa dire a chi potrebbe facilmente parlare di uno spettacolo carnascialesco?
“E’ una festa – continua Dario – e alle feste ci si diverte. In più, ricordiamo che ci sono delle cose serie da dire. Non si può valutare la serietà di un movimento da un unico evento”.
Anche le forze dell’ordine, in massiccio spiegamento di mezzi, paiono divertite. Un poliziotto, quando gli chiediamo se preferisce essere di servizio al Pride oppure nella curva nord del Catania, non ci mette più di un secondo ad affermare che, sicuramente, è meglio il Pride, perché “ qui si stanno divertendo tutti e al Massimino purtroppo non è così”.
I curiosi, intanto, si accalcano sui marciapiedi e osservano la sfilata variopinta. Due donne, provenienti dalle Mauritius, osservano con attenzione.
“E’ bello” dichiarano “ma nel nostro Paese non si sarebbe mai potuto fare”.
Per mancanza di apertura mentale?
“Sì”.
Certo, quando i soliti ragazzini, passando per strada, gridano “a quantu su i puppi o chilu?”, verrebbe da chiedersi se le Mauritius siano troppo diverse da qui. Come pure facendo un confronto tra le ‘presenze’ nelle serate gay friendly nelle discoteche della Plaja e il migliaio e poco più della parata del 4 luglio. Poi, però, si osserva tutto il resto, il colore, l’allegria, la partecipazione e non si può non pensare che Catania, in fondo, è più ‘open mind’ di quanto si creda.
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