Se ne parla da anni come dell’oro dell’Italia e a maggior ragione della Sicilia. Una risorsa già pronta e disponibile ma per niente sfruttata e, pertanto, incapace di risollevare l’economia dell’isola. Oggi il turismo dà lavoro soltanto all’8,7 per cento del totale degli occupati della regione, che fra l’altro paga lo scotto di carenze strutturali e infrastrutturali enormi, come testimoniato dal recente crollo del viadotto Scillato sulla A19. Di questi temi si è parlato a un convegno organizzato da Unicredit nella sede di via Magliocco, a Palermo. L’istituto bancario ha presentato il programma 4 Tourism, dedicato alle imprese che operano nel settore turistico e finanziato con due miliardi di euro nel triennio 2015-2018. Per la Sicilia la somma prevista è di 160 milioni.
Sullo stato di salute del turismo in Sicilia i numeri dicono già tutto: la regione vale appena il 4 per cento di presenze – 14,5 milioni all’anno – e il 4,4 per cento di arrivi (includendo i pendolari) del totale nazionale. Il Veneto, per farsi un’idea, arriva al 30 per cento con oltre 61 milioni di presenze annue. È la regione più turistica della Penisola. Anche il Piemonte e la Lombardia – due regioni che potenzialmente avrebbero una vocazione turistica meno spiccata – fanno meglio della Sicilia rispettivamente con l’8 e il 9 per cento di presenze annue.
Il dato generale più evidente è che esistono due Italie che viaggiano a diverse velocità. Giusto per avere un termine di paragone: su un totale nazionale di 377 milioni di presenze annue, la piccola provincia di Bolzano (29 milioni) produce turismo praticamente come l’intera regione Lazio (30,7) e quasi il triplo della Sardegna (10,7). In questo schema le percentuali della Sicilia sono in linea con l’andamento depresso dell’intero Meridione. E questo nonostante l’isola vanti il 19,7 per cento del totale nazionale di chilometri di coste e il 14,3 per cento del totale nazionale di siti Unesco.
Il presidente di Sicilia Convention Bureau, Vincenzo Tumminello, respinge la solita teoria dell’inefficienza dell’amministrazione pubblica: «Ormai è uno stereotipo che la politica non dia mai risposte. Gli strumenti ci sono, come pure i fondi europei. Anche gli imprenditori possono fare la loro parte. Dobbiamo lavorare in sinergia. È insolito – aggiunge Tumminello – che la Sicilia non abbia strutture congressuali importanti e perda tutti i grandi eventi internazionali. La nostra regione paga troppe debolezze, come la carenza di catene alberghiere afferenti a grossi brand internazionali o gli insufficienti collegamenti navali, aerei e ferroviari. Il treno che collega Palermo a Catania, istituito dopo il crollo del viadotto, impiega quasi 3 ore per percorrere un tragitto che altrove si compie in un’ora».
Secondo il dossier sul quinquennio 2010-2014, elaborato dalla Fondazione Res per conto di Unicredit, la provincia più in sofferenza è quella di Palermo, che nel 2014 ha registrato un calo di presenze del 6,7 per cento rispetto al 2013. Le mete archeologiche e balneari più gettonate sono quelle di Ragusa (+19,9 per cento nel 2014 rispetto al 2013) e Messina (+15 per cento). Al terzo posto Enna con un +14,3, al quarto Catania con l’11,1. Il capoluogo regionale paga il crollo nelle presenze straniere (-11,1 per cento fra il 2013 e il 2014), mentre il dato dei turisti italiani a Palermo è rimasto sostanzialmente identico (-0,7). Ragusa è trascinata dalle presenze straniere (+26,7 per cento) mentre è terza per presenze italiane con il 13,8 per cento in più. Prima Messina col 33,8.
Le percentuali sui mesi mostrano l’altro grave deficit del turismo siciliano: l’incapacità di destagionalizzare attraendo turisti non solo in estate ma anche nei mesi freddi, magari attraverso eventi e manifestazioni che soppiantino il fascino del sole e del mare. A gennaio del 2013 in Sicilia c’erano 303mila turisti. Un anno dopo erano 317mila, il 4,6 per cento in più. A febbraio 2014 si è registrato addirittura un calo del 4 per cento – da 331mila a 317mila – rispetto all’anno precedente. Per farsi un’idea delle proporzioni, nel mese di luglio si viaggia fra i 2,1 e i 2,3 milioni di turisti, ad agosto si oscilla addirittura fra i 2,6 e i 2,9 milioni.
Le località traino sono i capoluoghi di provincia e i comuni con 5,1 milioni di turisti nel 2013, seguite dalle località marine con 3,8 milioni e dalle città di interesse storico e artistico con 2,4. Poco sfruttato il turismo termale (399mila turisti nel 2013) e quello montano (appena 20mila). I turisti che apprezzano maggiormente la Sicilia sono i francesi (12,3 per cento del totale nazionale), seguiti da russi (5,8), spagnoli (5,6) e belgi (5,2). Tutti i dati sono forniti dall’Osservatorio turistico regionale.
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