Cronaca

Pochi depositi a mare e altre fonti troppo lontane: «Se si ferma Lukoil, si ferma anche la Sicilia»

«Se si ferma Lukoil, si ferma anche la Sicilia». Non ha dubbi Andrea Grasso, amministratore della Gm Petroli, unica società più a sud di Napoli ad avere un deposito costiero di gpl con attracco navi in contrada Targia a Siracusa. Con una capacità di seimila metri cubi e un movimento di circa ottomila tonnellate al mese, le loro scorte vengono per lo più proprio da Lukoil e si esauriscono al massimo in due settimane. Meno ancora se si tratta di autotreni di benzina o diesel – anch’esso dalla raffineria di Priolo – per servire le loro quattro stazioni di servizio nel Catanese. Solo uno dei clienti dello stabilimento Isab (che produce) – Lukoil (che commercializza) di Priolo oggi a rischio chiusura, ma indicativi di quella che, per gli addetti ai lavori, è più una drammatica certezza. «Basta considerare – spiega Grasso a MeridioNews – che quando l’Isab si ferma per mezza giornata, per un guasto o per fare manutenzione, tutto il settore siciliano va in crisi».

La questione ancora irrisolta
Una sofferenza annunciata da mesi e ancora, ormai allo stadio terminale, non risolta. Tanto da spingere i sindacati a proclamare uno sciopero di tutti i lavoratori della raffineria – circa tremila, oltre diecimila se si considera l’indotto – per oggi. Lo stesso giorno in cui il neo ministro per le imprese e Made in Italy Adolfo Urso ha convocato un tavolo al Mise con Isab-Lukoil, le parti sociali e gli enti locali. Ma intanto il tempo stringe e il termine per l’entrata in vigore delle sanzioni europee contro la Russia è ormai agli sgoccioli: con il divieto a partire dal 5 dicembre di acquistare petrolio greggio dalla Federazione russa, ormai unico fornitore proprio di Lukoil. E se da un lato il nuovo governo italiano continua a rassicurare sulla solidità della raffineria – russa nelle tasche, ma di proprietà di una società svizzera –, dall’altro le banche non si fidano ancora abbastanza da fare credito all’azienda, temendo che il congelamento dei beni agli oligarchi russi possa toccare anche la capacità di Lukoil di far fronte ai propri impegni. E così, nonostante la disponibilità di Sace – spa del ministero dell’Economia – a fare da garante, le linee di credito per rifornirsi altrove rimangono bloccate.

L’approvvigionamento di carburante in Sicilia
Non che sia semplice, tra l’altro. Per quanto riguarda benzina e diesel, il giudizio è unanime: quasi tutto quello usato in Sicilia viene dalla Lukoil di Priolo. Per quantità e possibilità di commercializzazione. «Per dare l’idea, alle 5 del mattino gli autotreni fanno anche dieci ore di fila davanti alla raffineria Isab di Priolo». E per pensare di prendere il prodotto altrove, trasportato con le navi gasiere, servirebbero anche i luoghi adatti a riceverlo e stoccarlo. Luoghi di cui la Sicilia non sembra essere abbastanza provvista: «Come depositi di carburante a mare ce ne sono due piccoli a Palermo e ad Augusta, e due medio-grandi, di Esso e Sonatrach, sempre nel capoluogo siciliano – spiega Grasso – Ma al momento anche loro vengono normalmente a caricare da Lukoil. Anche perché il contenuto di una nave, ammettendo di poterlo stoccare, durerebbe comunque non più di mezza giornata». Impossibile quindi soddisfare il fabbisogno siciliano di carburante con questi soli depositi.

L’approvvigionamento di gpl in Sicilia
E non va meglio se si guarda al gpl, una piccola parte della raffinazione del petrolio. Quasi uno scarto di lusso. Il cui approvvigionamento in Sicilia – e anche in Calabria – passa anch’esso per lo più da Lukoil. Tranne d’inverno, quando scarseggia, forse a causa dell’aumento della richiesta anche all’estero – con il consumo estivo che è circa un decimo di quello invernale – e quindi con grandi commesse a cui far fronte. È in quei mesi che il settore sperimenta già la difficoltà di approvvigionarsi altrove, seppur per un periodo e in quantità limitate. Rendendo l’idea dell’impossibilità di sostenere questo scenario se Lukoil chiudesse. Le altre rotte più battute sono quelle di Egitto, Albania o Gabes, in Tunisia. Non troppo distanti, ma con un prezzo formato anche dai tanti intermediari. Nella rotta che unisce la raffineria estera al deposito siciliano ci sono almeno quattro tappe, ognuna con il proprio margine di profitto: c’è il primo trader, a cui la raffineria ha affidato tramite bando il compito di vendere il proprio prodotto; questa a sua volta può affidarsi anche ad altri trader più piccoli i quali prendono accordi con un armatore di navi gasiere e con ancora un altro trader all’altro capo della linea che acquista per poi rivendere ai depositi locali. E da lì, approdato in Sicilia, il gpl viene poi rivenduto in varie forme, dai rifornimenti alle bombole.

«Può capitare di essere fortunati e che ci sia un surplus di gpl da piazzare, magari perché la raffineria estera fa un’offerta per un quantitativo maggiore oppure perché in una consegna prevista c’è un problema al deposito e non si può scaricare – spiega Grasso – In quel caso, i trader contattano tutti i clienti per piazzare il gpl in più. Che però, data la necessità del mercato, non necessariamente si prende a un prezzo scontato». Impossibile pensare ad altre fonti di approvvigionamento, come il Sudafrica. Troppo lontano, con prezzi troppo alti per il trasporto, che ricadrebbero ovviamente sui clienti finali. A meno che, appunto, Lukoil chiudesse: «A quel punto – conclude Grasso – con il mercato ormai distrutto, le logiche e i prezzi andrebbero del tutto fuori controllo».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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