CONDANNATI DALLA CORTE DEI CONTI, I PARLAMENTARI SI SONO RIVOLTI ALLA SUPREMA CORTE NELLA SPERANZA DI VEDERSI RIBALTATO UN VERDETTO. MA GLI E’ ANDATA MALE
di Massimo Greco
Se un tempo limpegno in politica era notoriamente più gratificante e ben remunerato, da qualche anno la scelta di entrare in campo nellarena delle istituzioni pubbliche, ancorché attraverso uninvestitura popolare, fa riflettere sempre più. Non solo perché compensi, benefit e indennità di amministratori locali e di parlamentari sono stati ridotti allinsegna dellantipolitica, così come sono stati ridotti sensibilmente gli spazi di discrezionalità prima riconosciuti ai gruppi politici dotati di budget, ma soprattutto perché il controllo dellAutorità Giudiziaria è diventato sempre più incisivo.
La tipologia di controllo giudiziario che continua a mietere il maggior numero di vittime tra i politicanti e che rappresenta un vero e proprio incubo è quello della Corte dei Conti. A differenza dei fatti penalmente rilevanti, per i quali le Procure della Repubblica devono tracciarne il profilo psicologico volutamente antigiuridico, meglio conosciuto come dolo, le ipotesi di incorrere in sanzioni per danno erariale sono invece molto più diffuse dovendosi accertare solamente la colpa grave.
In sostanza, mentre lamministratore che commette un fatto sarà senzaltro scagionato dallAutorità Giudiziaria penale se dimostrerà di non averlo commesso con coscienza e volontà, stesso trattamento non gli sarà riservato allorquando dalla commissione del fatto, nel contesto di una funzione pubblica esercitata allegramente, derivi un danno per lerario.
Ora, mentre era pacifico per tutti che il controllo della Corte dei Conti riguardasse solamente lazione amministrativa volta al maneggio di denaro pubblico, assenti risultavano i casi di sindacato giurisdizionale nei confronti di componenti dellAssemblea regionale siciliana, cioè di membri del Parlamento siciliano ai quali lo Statuto affida la cura e lesercizio del potere legislativo.
La questione si pose qualche anno addietro allorquando i componenti della Commissione legislativa Sanità furono condannati, in concorso con quelli della Giunta del Governo Cuffaro in carica tra il 2005 e il 2006, sia in primo che in secondo grado, dalla Corte dei Conti in relazione allinopportuno, quanto dispendioso, potenziamento del parco ambulanze e al conseguenziale aumento del numero dei soccorritori del servizio regionale del 118.
La condanna fece scalpore non solo per lentità dellimporto che i convenuti erano tenuti a restituire allerario, 12 milioni e mezzo di euro del danno imputabile pro quota, ma perché venne sancito il principio, benedetto dalla Corte Costituzionale espressamente investita della problematica, secondo cui i pareri espressi dai Deputati dellArs in sede di Commissione legislativa nel contesto di procedimenti amministrativi, non potendosi annoverare tra gli atti legislativi, sono ipso iure soggetti al sindacato della Corte dei Conti.
I giudici contabili condannarono quindi anche i Deputati dellArs a restituire cifre da capogiro per avere concorso nellazione provvedimentale della Giunta regionale per la gestione del servizio pubblico del 118.
Adesso, su questa vicenda ha scritto la parola fine la Corte di Cassazione a sezioni unite (sentenza n. 10416 del 14 maggio 2014) alla quale si erano rivolti i citati parlamentari nella speranza di vedersi ribaltato un verdetto che per la verità risultava già chiaro allindomani di quanto statuito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 81 del 5 aprile 2012) in ordine alla sindacabilità delloperato dei componenti dellArs per attività non strettamente connesse allesercizio di funzioni legislative e/o di controllo e direzione politica.
Col passaggio in giudicato delle condanne inflitte dalla Corte dei Conti, mentre incuriosisce sapere come potranno essere restituite somme così ingenti (circa 730 mila euro pro capite), andrebbe tuttavia riconosciuta unattenuante politica a questi 17 parlamentari (molti dei quali ancora in carica). Quella di essere stati condannati per avere creato, ancorché per fini non conformi a quelli dellordinamento giuridico, posti di lavoro in un terra notoriamente afflitta dalla mancanza di prospettive occupazionali.
Questi i nomi dei parlamentari ed ex parlamentari condannati:
Gli assessori e i deputati condannati dalla Corte dei Conti per le assunzioni al 118 sono 17, tutti in carica fra il 2005 e il 2006: TOTÒ CUFFARO, FRANCESCO CASCIO, ANTONIO DAQUINO, MARIO PARLAVECCHIO, GIOVANNI PISTORIO, FRANCESCO SCOMA, MICHELE CIMINO, FABIO GRANATA, CARMELO LO MONTE e INNOCENZO LENTINI (allepoca presidente e assessori regionali), GIUSEPPE ARCIDIACONO, GIUSEPPE BASILE, GIANCARLO CONFALONE, DAVID COSTA, NINO DINA, SANTI FORMICA e ANGELO MOSCHETTO.
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