Se Silvio vuole comandare ancora

“It was about time!”.  Cosí mia figlia Siena mentre la portavo alla partita di calcio al Prospect Park di Brooklyn, ha salutato la notizia gracchiata alla radio sulle dimissioni di Berlusconi. “Ma che ne capisci tu di Berlusconi e di politica italiana?”, ho ribattuto. “Ma papà, è da quando sono nata che ti sento parlare di Berlusconi. Enough! Pensavo ormai che in Italia tutto rimanesse sempre uguale…”.
Mia figlia è del ’98 e Berlusconi era entrato già quattro anni prima a Palazzo Chigi. Dopo aver subito il famoso “ribaltone” (e a 15 anni di distanza, che fa l’incredibile Silvio? Ripropone Lamberto Dini…) e perso le elezioni del ’96, Berlusconi era tornato al governo nel 2001, ne era uscito nel 2006 e ritornato nel 2008. Ma in quale paese? Ma dove in Europa una democrazia alterna le stesse facce al potere? Berlusconi-Dini-Prodi-D’Alema-Amato-Berlusconi-Prodi-Berlusconi….
“Era ora!” lo saluta mia figlia. Già, ma sicuri che Silvio non rispunti al Quirinale?
Nel dimettersi tra i fischi, Berlusconi detta ancora le condizioni, vuole il fedele Gianni Letta vicepremier di Mario Monti, una specie di cane da guardia per il prossimo capo del governo scelto dal presidente Napolitano.
Il Cavaliere vuole ancora comandare, altrimenti il governo di Monti è un altro ribaltone, un attentato al voto della maggioranza degli italiani…  Ma con che faccia la casta parla di rispetto della democrazia?
Il Parlamento che darà la fiducia al governo Monti è stato eletto con la legge elettorale della “porcata”, quella massima espressione della dittatura dei capibastone di partito, che si sono confenzionati la pretesa di strappare agli elettori la facoltà di scegliere i loro rappresentanti, rompendo ogni rapporto di fiducia tra chi elegge e chi è eletto. Oggi chi siede da ambo i lati del Parlamento, nella maggior parte dei casi, rappresenta soltanto il boss che li ha imposti in cima alle liste. Bastava guardare ieri le deputate di Berlusconi, tutte vestite di nero per le sue dimissioni. A lutto perché senza di lui muore la speranza di rientrare in Parlamento.
E’ la riforma elettorale, al di là delle misure urgenti di stabilitá finanziaria richieste dall’Europa, il più importante obiettivo del governo Monti: approvare una nuova legge che possa rimettere in gioco la selezione e il controllo degli elettori sugli eletti.
Mentre in Italia è andata in scena forse l’ultimo atto del berlusconismo (ma Berlusconi ha già dichiarato che potrà staccare la spina a Monti quando vorrà), qui a New York si teneva una provocatoria conferenza sui 150 anni dell’Unità d’Italia. Organizzata alla St. John’s University dall’Italian Language Intercultural Alliance (ILICA), coraggiosa organizzazione per la promozione della lingua italiana fondata e diretta dall’imprenditore Vincenzo Marra, sono arrivati a discutere di “Polentoni e Terroni” gli autori degli omonimi libri Lorenzo Del Boca e Pino Aprile. Tra numerosi interventi al dibattito, c’era anche quello del sindaco di Bari, Michele Emiliano, che prima di essere scelto direttamente dai suoi cittadini era stato magistrato antimafia.
Emiliano ha raccolto una nostra domanda, quando nel commentare la scelta di Alfano come delfino di Berlusconi – il gettonato Angelino è quello stesso deputato regionale che nel ’96 andó al matrimonio della figlia del capo mafia di Palma di Montechiaro (la foto del bacio al boss uscì su Repubblica) –  avevamo chiesto se la storia d’Italia si ripete: è come dicevano Aprile e Del Boca, i “vincitori” sono bravissimi a scegliere tra i “vinti” coloro che dovranno sfruttare il loro popolo?
“L’Italia è ancora quel Paese dove un politico come Alfano per prendere voti doveva farsi vedere al matrimonio della figlia del boss”, ha detto senza esitazioni il sindaco di Bari.  E poi, a cena, Emiliano ha continuato: “Come si fa a candidare Alfano alla guida del governo? Cosa ha fatto nella sua carriera per meritarlo? Che esperienze aveva avuto prima che Berlusconi lo facesse ministro?”. Al sindaco Emiliano abbiamo chiesto: quanto durerá Monti? “Penso oltre un anno, perché chi siede ora in Parlamento sa che non verrà rieletto, e cercheranno di prendersi tutti i mesi di stipendio della legislatura. Ma chi li voterà più a questi qua?”. Abbiamo la sensazione che  per Emiliano, eletto col Pd, “questi qua” non stiano soltanto nel centrodestra.
Già, “It’s about time”, legge elettorale permettendo.

Questo articolo viene pubblicato contemporaneamente su Oggi7-America Oggi

Stefano Vaccara

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