Silvio, il destino e l’ironia

Il destino, si sa, qualche volta è beffardo. E deve essere stato un destino atroce per un uomo che ha dedicato diciassette anni della sua vita a raccontare in giro di volere liberare l’Italia dai comunisti essere stato messo alla porta, e in malo modo, proprio da un comunista (ex, ma non importa). Come deve essere sublime per un comunista (ex, ma non importa) diventare un acceso sostenitore del liberismo e liberarsi, in poco tempo, di un passato pesantissimo e di un avversario politico ingombrantissimo.
Succede in Italia.

Foto di Jemike - Medaglia rumena di anticomunista

E non poteva succedere altrove. Succede che un Presidente della Repubblica (ex comunista) convoca i partiti per “consultazioni informali” dieci giorni prima che un Presidente del Consiglio dia le dimissioni. Un fatto unico nella storia d’Italia, poiché le consultazioni tra il Capo dello Stato e i partiti avvengono solo in presenza di governi dimissionari e non sono mai “informali” ma formalissime. Succede, inoltre, che il primo decida che una personalità debba (non possa: debba) essere il futuro premier. E per assicurarsi, contro ogni ragionevole dubbio, che il capo del governo vada via per sempre, nomini la personalità addirittura senatore a vita, di fatto blindando questa decisione.
E chi sarebbe questa personalità? Uno tra i tanti (troppi, forse) economisti campioni di liberismo che il mondo occidentale ha prodotto in quantità industriale da tempo immemorabile. Un “international advisor” di Goldman & Sachs (una delle maggiori banche d’affari coinvolta fino al collo nella crisi americana e mondiale dei subprime, quella che ha aiutato la Grecia, dieci anni fa, a “trasformare” i suoi bilanci per consentirgli di entrare nel dorato circolo dell’Euro), un membro della “Trilaterale”, del Gruppo Bildenberg, dell’Aspen Institute, ecc. ecc. Insomma, la quintessenza di quell’economia finanziarizzata, di quel mercato liberista globalizzato che tanti, a parole, a sinistra criticano.
E questa sinistra, o meglio sarebbe dire centro-centro-centro-centro-sinistra, festeggia per le strade la fine del ‘caimano’ e l’avvento dei bocconiani puri e duri come una liberazione.
Se c’è una responsabilità politica, tra le più gravi, che ha la cosiddetta sinistra italiana è quella di avere dato credito al teorema del berlusconismo uguale destra. Il berlusconismo, all’evidenza, è soltanto una copia mal riuscita del populismo. La destra, quella vera, quella seria, quella che conta, non è populista, è liberista. Questo fraintendimento, questa allucinazione collettiva, sta producendo un preoccupante effetto perverso: salutare festanti l’arrivo dei banchieri internazionali alla guida (ormai non più sostanziale, ma perfino formale) dei governi. E’ accaduto in Grecia, con il nuovo governo Papademos, ex vicepresidente della Bce, e sta accadendo in Italia.
E’ talmente evidente, sotto gli occhi di tutti, questa banalità che raccontiamo che basta seguire le cronache dei telegiornali per accorgersene: una standing ovation per il nuovo capo del governo arriva da Obama, da Sarkozy, dal Fondo monetario internazionale, dalla Merkel e dal suo inflessibile ministro delle Finanze, Schauble, dalla Bce e, naturalmente, dalle banche internazionali.
Cosa c’è che non va? Assolutamente nulla, si capisce. Anzi. Aspettiamo fiduciosi, come tutti, di conoscere le miracolistiche ricette del nuovo premier che faranno uscire l’Italia dalla crisi  e siamo certissimi che, d’ora innanzi, Piazza Borsa segnerà record positivi a tre cifre, il differenziale tra i Btp e i Bund tedeschi sarà sì di 600 ma a favore dell’Italia, che le imprese assumeranno miliardi di persone, che i pensionati al minimo vivranno come Alain Elkann e che il mercato si autoregolerà come è ovvio che sia.
Resta, nel frattempo, il destino beffardo a farci compagnia raccontandoci due ironiche storie. Quella di un uomo, a suo tempo e fino a pochi anni fa comunista, che come tutti i comunisti voleva cambiare il mondo e ha concluso la sua carriera con il mondo che ha cambiato lui. E quella di un altro uomo che per diciassette anni, inutilmente, ha voluto evitare che i comunisti prendessero il potere in Italia e che invece il potere se lo è visto togliere da un comunista. Ex, ma non importa.

 

Cesare Verro

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