Se l’Italia affonda come il Titanic

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Cento anni fa Edward John Smith, capitano del Titanic, restó con la sua nave fino alla fine e, come si vede anche nel film degli Oscar, affondò con lei. Il suo corpo non fu mai ritrovato, in Inghilterra c’è una statua che ne ricorda l’eroica morte.
Cento anni dopo Francesco Schettino, capitano del Costa Concordia, sarebbe stato tra i primi a scendere dalla nave e a lasciare senza più un comandante quattromila persone in balia del mare. Adesso Schettino é in galera ed è diventato la vergogna d’Italia nel mondo.
Se le notizie che da tre giorni si accavallano saranno confermate – e purtroppo anche da New York abbiamo appena ascoltato quelle registrazioni drammatiche che le confermerebbero – il capitano Schettino non sarà solo accusato di essere il maggiore responsabile per la collisione con gli scogli del Giglio che ha causato il naufragio della nave, ma avrà addosso anche la peggiore onta per un ufficiale del mare: quella di essere stato oltre che un incapace, un vigliacco.
Mentre scriviamo ci sono 6 morti accertati e ancora 29 dispersi nel naufragio di venerdì notte, vite anche venute da altri Paesi che avevano sognato quella crociera italiana nel Mediterraneo e sono state invece spezzate non dal fato, come accadde per il Titanic con l’imprevedibile iceberg, ma dalla criminale idiozia di chi era al comando di una mastodontica nave e ha permesso la pericolosa manovra a pochi metri dall’isola del Giglio.
A questo punto, soprattutto dopo aver ascoltato la scioccante conversazione avvenuta, nella notte tra venerdì e sabato, tra un ufficiale della capitaneria di porto di Livorno e il capitano Schettino, la domanda che dovrebbe assalire chiunque è: ma chi ce l’ha messo quello lì? Chi aveva dato la responsabilità sulla vita di oltre 4 mila persone ad un uomo che, se forse riuscirà a difendersi dalle accuse di essere un criminale, resterà comunque e per sempre macchiato di essere un vigliacco, un pavido dal carattere debole e in fuga dalle sue responsabilità?
Con il naufragio della Concordia, l’Italia quindi torna sotto l’osservazione del mondo per quel fattore chiamato “credibilità” e che una società ricca e moderna deve essere sempre in grado di trasmettere esternamente. Perché a questo punto chi osserva l’Italia dall’esterno si domanda: ma chi c’è oggi ai timoni dei maggiori posti di responsabilità di una nazione che in pochi anni era riuscita a diventare la quinta Potenza economica del mondo?
Quando le agenzie di rating come Standard & Poor’s analizzano un Paese e decidono se concedergli la tripla A oppure farli scendere di categoria, non tengono conto soltanto di numeri sui conti finanziari, del deficit in rapporto al Gdp, dell’organizzazione delle imposte, dei capitali delle banche etc. Questi dei dati strettamente economici finanziari sono le analisi più semplici per queste agenzie, numeri da sottrarre o addizionare e incasellare. Ma poi, certi giudizi, positivi o negativi, sono anche determinati da voci molto più difficili da calcolare, come può essere quello sulla performance della giustizia, del livello raggiunto dalla corruzione, dalla qualità dell’istruzione superiore… Cioè è soprattutto il capitale umano di una nazione a fare la differenza, e compito di queste agenzie è valutare quanto questo venga utilizzato nel migliore dei modi o invece venga, quando c’è, ignorato e mortificato.
E torniamo quindi alla domanda: perché quel capitano comandava quella nave? Aveva dimostrato la preparazione e l’abilità per meritarsi quell’incarico di così alta responsabilità? Era cioè “the best and the brightest” tra i capitani in circolazione in Italia o sono subentrati altri fattori che vanno al di là dei meriti dimostrati?
In questo momento, quando vediamo l’Italia ’downgraded’, non ci viene da pensare alle cifre dei conti che non tornano, ma all’organizzazione di una complessa società, per accorgerci che da molti anni, in Italia, nei posti di più alta responsabilità, sia nel pubblico come nel privato, non si è quasi mai avuta la sensazione di vedere all’opera i piú meritevoli, ma solo i più furbi, i meglio ’connessi’, i più “appartenenti” a certi giri… Dove cioè alle capacità e al merito, è stato sostituito il carattere che sa dimostrarsi pronto al favore, del tu mi dai questo che io ti darò quello… Un’Italia, in altre parole, dove gli ominicchi e le donnine prendono il posto di uomini e donne capaci col senso del dovere e della responsabilità, ma che proprio per questo possono solo dare ’fastidio’.
Quando negli Stati Uniti, nel 2005, l’uragano Katrina distrusse New Orleans, una delle più importanti e antiche città americane si ritrovò abbandonata per giorni per via dell’impreparazione di chi avrebbe dovuto salvarla. Così dai media americani avvenne un vero esame di coscienza: ma nella mani di chi ci siamo messi? Lo avevo già scritto e lo ricordo ancora, ma l’inizio della fine della popolarità di George W. Bush non avvenne dopo le prime difficoltà in Iraq o con la bolla finanziaria, ma scoppiò quando gli americani si accorsero che la sua amministrazione aveva, dai gradini piú bassi fino alla cima della Casa Bianca, dei ’raccomandati incapaci’ nei posti di responsabilità.
Certo, gli americani lo avrebbero dovuto capire fin dall’attacco dell’11 settembre 2001, ma allora il comprensibile scatto di ’patriottismo’ di fronte al nemico esterno, coprì le mancanze. Katrina e l’abbandono di New Orleans invece scoperchiò il problema di una società che, invece, è stata fondata sul merito e la responsabilità senza i quali non sarebbe mai diventata una super Potenza mondiale.
L’incidente del Concordia dovrebbe diventare per l’Italia quello che fu l’uragano Katrina per gli USA. Un ’wake up call’, una sveglia generale. Per gridare: “enough!”, basta con i raccomandati e gli amici degli amici che stanno lí solo perché pronti a far favori, nei consigli di amministrazione delle banche, come alle direzioni di grandi ospedali o di televisioni e giornali, fino su ai più alti posti dei ministeri a Roma: l’Italia ha bisogno di più competenza e professionalità, e soprattutto di avere senso etico del proprio lavoro.
Il capitano Schettino non ha finora dimostrato solo di essere un pessimo capitano, ma soprattutto di essere eticamente impreparato al proprio lavoro, un uomo in fuga dalle sue responsabilità. Come lui, e lo sospettiamo da tempo, sono quella marea di italianicchi che sono stati messi in certi posti di alta responsabilità non per ragione di merito ma solo per appartenenza e servitù.
Con l’arrivo dei ’tecnici’ di Mario Monti, si è forse cercato di dare all’Europa e al mondo il chiaro messaggio che l’era degli incapaci al governo è terminata? Non basterà, l’Italia continuerà ad affondare se non ribalterà immediatamente una mentalità ormai attecchita in tutti i settori della società, consentendo invece a ciascuno il suo secondo meriti e preparazione, e non più per certe comode appartenenze.

 

Stefano Vaccara

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