«Il Comune occupa uno stabile e poi butta fuori se stesso». Potrebbe essere questo, secondo Matteo Iannitti di Catania Bene Comune, il senso paradossale della vicenda che riguarda la sede di via Santa Maddalena del circolo didattico Diaz-Manzoni di Catania. Un plesso che, proprio in questi giorni, viene smontato dagli operai della Multiservizi, con l’obiettivo di chiuderlo. L’ordinanza del sindaco Enzo Bianco con la quale si stabiliscono «provvedimenti urgenti» per l’edificio – che ospita un centro territoriale permanente per l’istruzione degli adulti – parla chiaramente di «pubblica e privata incolumità». Per garantirla, sarebbe necessario interrompere tutte le attività scolastiche all’interno della struttura. La quale, però, non sarebbe di proprietà comunale. Si tratterebbe, invece, di un bene di proprietà dell’Archivio notarile di Catania che, in una nota, evidenzia: «Gli enti occupano di fatto, senza titolo e senza autorizzazione alcuna, l’edificio in questione». Gli occupanti in questione sarebbero due: la scuola e, va da sé, il Comune di Catania. Che sono stati invitati a «non utilizzare più la predetta porzione immobiliare».
A smuovere le acque di una situazione che va avanti «almeno da trent’anni», dicono i docenti della scuola, è bastata una lettera della dirigente scolastica Agrippina Barone. Che da cinque anni, cioè da quando la scuola Manzoni è stata accorpata con la Diaz, regge le sorti dell’istituto. Continuerà a farlo ancora per pochi giorni, però. Andrà in pensione al termine di quest’anno scolastico, e chi le succederà non è ancora stato designato. Quel che è certo è che è stata lei a inviare una nota all’Archivio notarile, chiedendo un «sollecito intervento di manutenzione a tutela dell’incolumità dell’utenza e di tutto il personale». Dopo che, a marzo, alcuni pezzi di cornicione erano caduti nel cortile interno.
L’8 aprile gli impiegati del Comune sono arrivati a fare un sopralluogo. E, per via delle «copiose infiltrazioni d’acqua», delle «vistose macchie di umidità» e delle «minime condizioni di sicurezza non garantite», un provvedimento del primo cittadino ordina lo «sgombero dell’unità immobiliare». Almeno finché non saranno effettuati i lavori di messa in sicurezza. Le circa 200 persone che frequentano quotidianamente il centro per l’istruzione – per lo più minori migranti non accompagnati che vengono dalle strutture di accoglienza etnee – dal 3 giugno dovranno trovare un altro posto dove andare a scuola. In un primo momento, la preside Barone aveva annunciato la chiusura della scuola il 31 maggio. Ma quella circolare è stata superata da una smentita, arrivata oggi: niente chiusura, le lezioni si faranno di pomeriggio nei locali della scuola Manzoni di via Plebiscito.
«Questa scuola è inagibile da sempre», afferma Francesco Vertillo, uno dei docenti. «La preside, prima di andare in pensione, ha tirato fuori questa cosa. E adesso, per mettersi tutti il cuore in pace, ci buttano fuori». «In questa zona, siamo gli unici a offrire un servizio gratuito e statale di insegnamento dell’italiano agli stranieri. Loro vengono qui e in uno, o due anni possono prendere la licenza media. Ma, soprattutto, hanno modo di imparare una lingua, non è una cosa che si può buttare via così», aggiunge Francesca Occhipinti, professoressa anche lei e referente del centro territoriale. «Non possiamo andare a fare lezioni di mattina alla Manzoni perché la nostra utenza è troppo diversa. I nostri ragazzi non possono aspettare di entrare in classe assieme ai bambini – continua Occhipinti – Hanno età e necessità differenti».
«Non serve una risposta temporanea. C’è bisogno di una soluzione definitiva e ce la deve dare il Comune. Non possiamo chiudere la scuola, tra una settimana, senza sapere dove ricominceremo le lezioni a settembre», interviene Annamaria Grasso, insegnante di Italiano. La risposta alle necessità del corpo docente e degli allievi la propone Catania Bene Comune: «A un centinaio di metri da via Santa Maddalena c’è la ex scuola Di Bartolo, che è stata affidata all’assessorato al Commercio», spiega Matteo Iannitti. «Dato che c’è un centro direzionale nuovo di zecca a San Leone – sostiene – gli uffici comunali potrebbero essere spostati lì e la scuola potrebbe tornare a fare quello per cui è stata pensata. Ma forse al Comune interessa di più continuare a spogliare di servizi l’Antico Corso?».
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