Si parte dalle famiglie e si arriva al tribunale per i minorenni. Le linee guida per combattere la dispersione scolastica che sono state presentate martedì al Comune di Catania prescrivono norme di comportamento a tutti gli enti e le istituzioni che le hanno firmate. Gli assessorati alla Scuola e ai Servizi sociali, i dirigenti scolastici, l’Ufficio scolastico provinciale, il centro per l’impiego, la procura per i minori e la questura: tutti hanno aderito a un’intesa che arriva più di dieci anni di distanza dal primo documento che mirava a contrastare l’abbandono della scuola da parte degli studenti catanesi. Ma i primi a essere chiamati in causa sono i genitori che dovranno firmare un «patto di corresponsabilità al momento dell’iscrizione del proprio figlio a scuola e/o al centro di formazione professionale».
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Secondo i dati forniti dal provveditorato della provincia di Catania, all’inizio dell’anno scolastico 2012/2013 erano 570 gli studenti delle scuole superiori che rischiavano di lasciare incompiuto il proprio percorso didattico. Al termine dei due quadrimestri, alla previsione iniziale si sono aggiunti 16 abbandoni, per un totale di 586 studenti che non hanno concluso l’anno. Per questo motivo, tra gli impegni che si assumono da adesso le scuole ci sono sia lo svolgimento di «incontri periodici con i referenti del Servizio sociale, al fine di monitoraggio, scambio di informazioni e programmazione di piani di intervento personalizzati», sia la comunicazione «a tutte le istituzioni coinvolte» della mancata frequenza dei ragazzi con meno di 16 anni, con lo scopo di mettere «in atto tutte le procedure utili a riportare l’alunno nel percorso scolastico». All’ufficio provinciale del lavoro toccherà invece farsi carico dei «giovani che hanno compiuto il 16esimo anno di età e che hanno assolto l’obbligo scolastico e di istruzione».
Obiettivo dichiarato dell’intero protocollo è «prevenire la devianza minorile e giovanile», cioè il passaggio dei ragazzi dai banchi di scuola alla criminalità. «Basta pensare a contesti difficili come quello della I circoscrizione, ex I municipalità», interviene Maria Paola Iaquinta, preside dell’istituto comprensivo Cesare Battisti e coordinatrice dell’osservatorio sulla dispersione scolastica nell’area geografica che comprende, tra gli altri, l’Antico corso, gli Angeli custodi, San Cristoforo, il Fortino e il tondicello della playa. «Da noi ci sono indici di criminalità minorile da primato nazionale, se non erro siamo secondi solo a Roma prosegue il dirigente scolastico E le scuole possono fare molto per tenersi dentro gli studenti il più a lungo possibile, in un ambiente protetto». Per esempio, con un’offerta formativa variegata e creativa: «Una legge, mi pare la 216 del 1991, ci permetteva di riempire i nostri plessi con laboratori di vario tipo: d’informatica, d’arte, di ceramica… Oggi quei laboratori sono chiusi e vuoti perché ci mancano il personale e gli esperti per poterli attivare. Gli enti locali potrebbero riempirli con una semplicissima azione di reclutamento», prosegue Iaquinta.
E se nella scuola primaria il problema della dispersione risulta ridimensionato, lo stesso non può dirsi per la secondaria: «Le scuole medie hanno un sacco di problemi e, come se non bastasse, sono troppo lontane dalle elementari: c’è uno stacco fortissimo, un cambiamento a dir poco importante, del quale risentono i contesti critici più degli altri». A questo, si aggiungono gli accorpamenti di più scuole, «che danno luogo a istituti scolastici enormi, con grossissimi problemi di gestione», afferma Maria Paola Iaquinta. Perché una cosa è dirigere una scuola con 600 studenti, un’altra è doverne controllare 1200: «Inevitabilmente, si perde il rapporto diretto con l’utenza, gli insegnanti sono costretti a seguire troppe famiglie. In zone a rischio come si fa a non dare a tutti l’attenzione che meritano?»
[Foto di Daquella Manera]
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