Scienze della Comunicazione: la parola ai presidi

Quella della “comunicazione” non è una scienza esatta. Nel solo ateneo catanese si contano tre corsi di laurea triennale della ormai famosa classe 14 afferenti ad altrettante facoltà universitarie che, immancabilmente, possiedono obiettivi formativi non omogenei. Lettere e Filosofia, Lingue e Scienze Politiche condividono quello che da molti è stato definito “la moda dei comunicatori”, questa nuova prospettiva del “creare comunicatori”, tanto affascinante quanto vaga.

Un continuo boom di iscrizioni nei vari corsi ogni anno ha portato oggi alla nascita di una vera e propria querelle sui corsi di Scienze della Comunicazione che ad oggi superano quota cinquemila iscritti. Disomogeneità tra i piani di studio, plasmati di volta in volta sulle esigenze identitarie delle facoltà, mancanza di docenti e file di studenti che, già dopo i primi anni, vedono il proprio futuro di “comunicatori” in fila con centinaia di colleghi all’ufficio di collocamento.

 

E’ questo il quadro che si è venuto a delineare a Catania. Oltre quei pochi studenti che nutrono speranze nei corsi di specializzazione (da fare chissà dove a costo di altri anni spesi ad integrare i crediti necessari) o in master post-universitari, la maggioranza di essi non nutre molte speranze. “Prendo la laurea intanto, poi si vedrà, anche se la vedo brutta visti quanti sono i laureati in varie scienze della comunicazione nella mia stessa situazione” ci dice Roberta, come molti suoi colleghi, iscritta al corso di Scienze della Comunicazione nella Facoltà di lettere. E su questo stesso animo di delusione si appiattiscono molti altri studenti iscritti nelle tre Facoltà.

Da qualche mese è stato così avviato un dialogo, formalizzato anche da una lettera aperta che gli studenti delle tre facoltà hanno inviato ai rispettivi presidi per chiedere l’attuazione di interventi strutturali per far fronte alla gravità della situazione che si è delineata.

 

E’ pur vero che, dalla sua nascita, il corso in Scienze della Comunicazione, come dice Nunzio Famoso, Preside di Lingue, “ha rappresentato una grande vocazione per gli studenti e una grande novità sul piano dei contenuti che apre a interessi nuovissimi ed è esploso” . Questa esplosione, se da un lato ha favorito la ripresa di quelle facoltà che hanno sofferto per “crisi d’iscrizioni”, dall’altro ha provocato numerose difficoltà, come lo stesso Famoso afferma, “relativamente ad aspetti logistici, ai docenti e all’offerta formativa che deve essere adeguata perché – sottolinea –  non si può vendere fumo…”. Dello stesso avviso il preside di Scienze Politiche, Giuseppe Vecchio, che ha parlato “del grave e delicato problema sorto dall’inflazione dei corsi di laurea della classe 14, per quanto riguarda l’abnorme numero di iscrizioni e le gravi differenze di impostazione fra i diversi corsi attivati”. Più cauto il preside di Lettere, Enrico Iachello che, in risposta alla lettera degli studenti, pur lasciando aperta ogni porta per un dialogo, fa sapere che “l’attuale momento di fluidità istituzionale non consente di istaurare discorsi organici e risolutivi”, esonerandosi dal dare nette posizioni in merito “senza prima aver consultato gli organi competenti della struttura didattica relativa a Scienze della comunicazione afferente alla Facoltà di Lettere e Filosofia”.

 

Così avviata la dialettica e alla luce di questi primi anni di esperienza, ci si chiede quali possano essere gli elementi da prendere in considerazione per ovviare ad una situazione della quale adesso si prende pienamente coscienza. L’autonomia universitaria ha permesso di modellare le tabelle ministeriali sulle specificità culturali di ogni Facoltà, e su questa disomogeneità, il preside Vecchio si dice “ convinto della necessità di porre in atto un quadro di collaborazione fra tutte le Facoltà dell’ateneo catanese che possano esprimere competenze comunicative utili (includendo anche competenze importanti provenienti da Facoltà come Architettura, Scienze della formazione e Ingegneria. ndr) e analizzare le varie prospettive di ricerca e formazione in materia di comunicazione”. Anche Famoso dichiara che “andrebbe fatta, alla luce di quest’esperienza, una considerazione a livello di ateneo per organizzare, se possibile, un corso interfacoltà che dia un’offerta formativa adeguata non solo agli interessi degli studenti ma anche a quello che oggi c’è di diverso in ambito nazionale ed europeo”. E se da un lato il preside di Lettere, Iachello, è più “campanilista” rispetto al corso triennale della sua facoltà, sottolineando come “in questo quinquennio di vita è venuto assumendo una sua forte specificità culturale e formativa legata proprio alle scienze umanistiche e ai saperi fondanti della facoltà di Lettere da cui promana e che sarebbe quindi improduttivo – conclude – stemperare simili valenze identitarie procedendo a frettolose e fuorvianti integrazioni con altri percorsi formativi legati ad altrettanto utili e motivate specificità culturali, che però rispondono ad altre esigenze e istanze culturali e didattiche”, sul corso biennale afferma che “il minor numero di studenti e la poliedricità della formazione di base degli iscritti possono rendere utile la ricerca di una convergenza più ampia che vada al di là dei meri ambiti umanistici per aprirsi agli ambiti scientifico-tecnologico ed economico e d’impresa”.

 

Sui metodi di attuazione di un progetto di collaborazione interfacoltà per quanto concerne i corsi della classe 14, si attende l’insediamento del nuovo Rettore per  avanzare una proposta di  riorganizzazione dei corsi in seno all’ateneo, ma già viene considerata l’ipotesi di porre un  limite all’eccessivo numero di studenti che ogni anno scelgono i corsi di comunicazione a Catania: il “numero chiuso”. Malgrado le resistenze ad una tale prospettiva, il Preside Famoso dichiara che “in attesa di una decisione o nel caso in cui la prospettiva di un corso interfacoltà si abbandonasse, noi tutti, anche chi è sempre stato contrario per formazione ideologica,  dovremmo considerare in maniera molto attenta l’opportunità che questi numeri vengano ricondotti alla ragione, per non fare del danno e del male agli studenti”.

Se da un lato dunque “scienze della comunicazione” è stata una risposta alla crisi nella quale versavano alcune Facoltà, introducendo quello che all’unanimità viene definito come la più grande novità nel panorama formativo nazionale, dall’altro, a cinque anni di distanza, si devono fare i conti con le problematiche che ne sono scaturite. Corsi interfacoltà, senza rinunciare alle peculiarità culturali delle singole Facoltà che insieme concorrono a formare lo studente “comunicatore” di domani, senza tralasciare l’essenziale rapporto, troppe volte solamente enunciato, tra la struttura formativa (l’Università) e il tessuto sociale, culturale ed economico in continua evoluzione del territorio in cui tale struttura è immancabilmente incastonata La possibilità di prevedere un tetto massimo di iscrizioni per evitare quei problemi logistici ed organizzativi, per quanto riguarda gli spazi, il corpo docente e la qualità dell’offerta didattica che, in definitiva, ricadono sempre e comunque sugli studenti. Non per ultima, la questione sul corpo docenti per quanto riguarda le materie specifiche di corsi sulla comunicazione, che per la maggior parte è composto da professionisti a contratto, rinnovabile annualmente e retribuiti per di più in maniera spesso simbolica. Tutti punti della discussione che si sta portando avanti in questi mesi e che presumibilmente non vedrà una soluzione a breve termine. Importante è però la presa di coscienza di una situazione di fatto nell’ateneo catanese e la volontà di superarla per far sì che per tutti gli studenti iscritti Scienze della Comunicazione non sia stata solo un’illusione.

Michele Spalletta

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