Caro Giulio,
ti ricordi la biblioteca comunale di Sciacca? Tu lo sai bene, è uno dei luoghi più incantevoli che ci siano. Si respira la storia, l’odore della carta impolverata, dei tomi accatastati l’uno sull’altro in qualche caso da qualche centinaio d’anni. Ma tu lo sai, Sciacca è stata “Città degna”. Poi, dentro la biblioteca, ci sono anche i ritratti quasi “parlanti” dei padri della storia siciliana, a partire da Tommaso Fazello. E poi quelli dei personaggi storici di Sciacca, buon ultimo Vincenzo Licata. Se entrando in quelle stanze, al piano superiore del cinquecentesco Collegio dei Gesuiti, provassi a chiudere gli occhi, nel silenzio ascolteresti il brusio dei padroni di casa, dei fomentatori di quella cultura che ha fatto grande la Sicilia. Come Robin Williams ne “L’Attimo fuggente”, che fa avvicinare i suoi studenti alla foto dei vecchi studenti del college.
Insomma: basta con la poesia, Giulio. Purtroppo devo spostarmi sulla prosa. La fredda prosa. Sapevi, per esempio, che quest’anno il Comune non ha potuto destinare nemmeno un centesimo alla biblioteca? Già, proprio così. La Giunta gli aveva destinato 500 euro per poi, a strettissimo giro di posta, cancellare il finanziamento. Mi fa sorridere questa cosa. Mi ricorda Carlo Verdone in “Borotalco”. Dopo aver pranzato in trattoria il protagonista dà la mancia al cameriere. Poi, però, si ricorda che gli servono i soldi per la corriera, e si fa (gentilmente) restituire i soldi. E il cameriere serafico: “Stò morto de fame”.
La biblioteca, se potesse parlare, reagirebbe così: “Stì morti de fame”. Il punto è, Giulio, che morti di fame purtroppo lo stiamo diventando davvero. Di cultura lo siamo già. D’altra parte, non è forse vero che ogni volta che c’è da tagliare fondi pubblici, la scure si abbatte sempre sugli eventi culturali? Domanda retorica, scusa se te l’ho posta. Ma soldi non ce n’è per davvero. Soldi non ce n’è per comprare nuovi libri (vabbè che con 500 euro ci si poteva comprare ben poco). Soldi non ce n’è nemmeno per fare un po’ di manutenzione. L’unica speranza è che l’umidità del locale sia clemente, che i pesciolini d’argento non proliferino tra le pagine, che gli archivi (rigorosamente cartacei, la tecnologia qui non ha dimora, ma che te lo dico a fare?) sopravvivano al tempo che passa. Insomma, Giulio: della biblioteca comunale di Sciacca rischia di restare solo il passato glorioso. Sì, perché se il presente è in gravi ambasce, figurati cosa sarà il futuro!
Ed è sul passato che il nuovo responsabile della biblioteca, Giovanni Tagliavia, sta giocando le modeste carte a sua disposizione. Lo fa organizzando visite guidate di scolari e promuovendo qualche evento culturale. Oddio, per quello che si può fare. Perché, immaginerai, se alla biblioteca dovesse tenersi la presentazione di un libro, ipotizziamo, alle otto di sera, si porrebbe addirittura il problema di dover pagare lo straordinario all’addetto comunale che dovrebbe aprire e chiudere la porta e il cancello dell’atrio. Nemmeno questo si può più fare. Ma ormai, nell’era dei cosiddetti Grandi fratelli (George Orwell, perdonaci), la Cultura è solo un ingombro. Che rischia di essere sempre più mortificato dall’esigenza di rispettare gli impegni primari. Che non sono certamente quelli della biblioteca. E se ti permetti di avanzare qualche riflessione sul problema, ti senti rispondere: “Biblioteca? Ma stai scherzando? Ma se stiamo sforando il patto di stabilità”!
Insomma: “soddi uncinnè”, e anche questa settimana sono costretto a fare ricorso a questa amara riflessione. Dobbiamo, dunque, continuare a stupirci se della Sicilia si continuerà a parlare solo per la mafia? Io non mi stupisco più di niente. Tu sei un po’ più grande di me, sono certo che la disillusione ti è già venuta a trovare da tempo. So anche che non trovi giusto rassegnarsi. Io non lo farò. A presto.
Tuo Massimo D’Antoni
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