Scenario pubblico, ritorna la danza contemporanea Dalla liberazione di Ninarello alla polvere di Petrillo

Come in una sala cinematografica, in cui si assiste alla proiezione di cortometraggi di qualità ma di natura opposta, così lo spettatore osserva sul palco di Scenario pubblico le esibizioni di danza, una dopo l’altra. Un’idea apparentemente ordinaria, ma che potentemente – e prepotentemente – rafforza nel confronto il valore di ciascuno spettacolo.

Il primo è Kudoku, messo in scena dal danzatore e coreografo Daniele Ninarello, accompagnato dal vivo dal compositore-musicista Dan Kinzelman. La sala è buia: gli occhi vengono abituati al niente per assistere alla nascita del caos, generato dalle inquietudini dell’essere umano. Ci si ritrova catapultati in un’altra dimensione, nonostante l’esiguità degli artifici scenici utilizzati: il buio e la musica elettronica, convertita in un vero e proprio strumento, la cui difficoltà non è tanto quella di non sbagliare tasto, quanto quella ben più ardua di non alterare la durata del suono, inducendo il danzatore ad andare fuori tempo. L’esecuzione di Dan Kinzelman è impeccabile. La terra trema, è un terremoto. O forse il decollo di un aereo umano, il danzatore Daniele Ninarello, che gira, ruota, si contorce, si costringe e si espande di continuo. Le sue braccia si allungano come le ali di un aereo, che ripetutamente si preparano al volo: un volo terreno, che si compie senza elevarsi mai da terra. È l’atto della liberazione, l’uomo che finalmente evade da sé stesso e dalle proprie costrizioni.

Alla musica elettronica si aggiunge il sax, che si inserisce a singhiozzo sui suoni generati dal sintetizzatore, senza introdurre nessuna melodia e diventando esso stesso musica elettronica. Mentre sul palco Ninarello gira, gira, gira, con la potenza del caos interiore fino a liberarsi dal nulla, creando qualcosa che non c’era: la libertà.

La seconda messa in scena è Powder/Polvere, di e con Loris Petrillo. Alla solitudine del primo spettacolo si contrappone la presenza di tre danzatori, che materializzano sul palco il passare del tempo e il ritorno all’oblio, alias polvere.

Polvere siamo e polvere ritorneremo (compresi i nostri amati telefonini ultramoderni), ricorda la voce di un danzatore-narrante, unica colonna sonora della prima parte dello spettacolo. Alla voce si sostituisce poi un mix di rumori contemporanei – dai clacson agli elicotteri – come a voler assimilare alla polvere l’intera società odierna. Poi la danza si arresta e si assiste ad una più o meno apprezzabile esibizione teatrale fatta di solo di gesti. Ma fortunatamente Loris Petrillo restituisce il palco alla sua funzione e, complice il poetico Chiaro di luna di Debussy, crea danzando una nuvola di polvere, riconsegnando al pubblico la danza, ma soprattutto la speranza che non tutto sia vano. Perché anche se ogni uomo tornerà polvere, essa sarà comunque il frutto di un viaggio enorme chiamato vita.

Antonia Maria Arrabito

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