La Caritas lancia l’sos. Servono più volontari. Gli sbarchi a raffica impongono un turn over tra il personale addetto all’accoglienza degli immigrati. La triste contabilità degli approdi è aggiornata a ieri: 869 tra uomini, donne e bambini, soprattutto eritrei, siriani, etiopi e sudanesi, giunti al molo Puntone a bordo di una nave della Marina militare tedesca. Al porto ad accogliergli c’era la consueta task force predisposta dalla Prefettura. Una macchina ormai ben rodata, in cui ognuno, forze dell’ordine, medici, mediatori culturali e volontari, fa la propria parte.
Per 400 si sono aperte le porte delle strutture temporanee messe a disposizione dalla Caritas cittadina e di Monreale. In particolare, 150 sono stati accolti nel centro Santa Rosalia, altrettanti nella casa diocesana di Giacalone, 60 nel centro di Ciminna, 100 presso l’Opera Pia della Caritas di Monreale. Per tutti gli altri, invece, è stato previsto il trasferimento in altre regioni del Nord Italia. Ma adesso il direttore della Caritas diocesana, don Sergio Mattaliano, lancia l’appello a tutte le parrocchie della diocesi. «Si mettano in contatto con noi per portare anche altri volontari in modo da dare il cambio e sostituire, nei prossimi giorni e nei futuri sbarchi, i nostri, che non si sono mai fermati».
Un esercito pronto a donare un sorriso ad ognuno dei fratelli che arriva a Palermo. A loro appena sbarcati forniscono acqua e panini, ma anche le scarpe che spesso non hanno. «Questa esperienza mi sta dando davvero molto – racconta Giacomo Scarpaci, 60 anni -. Potere metterci al servizio di chi ha meno di noi, ci fa stare bene e ci fa capire quanto bisogno c’è». Ad emozionarlo di più sono i bambini. «Ricordo nello scorso sbarco il volto molto espressivo un bimbo down di una famiglia numerosa africana. Anche le donne hanno uno sguardo da cui traspare non soltanto la stanchezza, ma anche le condizioni disperate da cui provengono».
Intanto ieri il sindaco Leoluca Orlando, che insieme all’assessore alle Attività sociali, Agnese Ciulla aveva assistito alle operazioni di sbarco, punta di nuovo il dito sul permesso di soggiorno. ««Riteniamo sia giunto il momento che la Comunità internazionale si mobiliti per l’abolizione del permesso di soggiorno – ha concluso – e cioè si attivi per abolire questo strumento di tortura che costituisce la nuova pena di morte e la nuova schiavitù».
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