Sbagliato protestare contro il commissario dello Stato

Demagogia spicciola capace di adescare anche gente in buonafede, non trovo altra significazione per la poco opportuna manifestazione svoltasi davanti al palazzotto di via principe di Camporeale, sede del commissario dello Stato per la Regione siciliana. Demagogia spicciola perché proprio quel luogo è stato, grazie ai vari commissari che si sono succeduti in questi ultimi anni, il luogo della legalità, la vera legalità, contro l’arroganza e l’impudenza di un ceto politico regionale generalmente irresponsabile.

Anche se ben pochi ne sono al corrente, è giusto che si sappia che la persistenza dell’istituto del commissario dello Stato, che durante il processo di riforma che avrebbe portato alle modifiche statutarie del 2001 poteva essere soppresso, è stata voluta espressamente dalla politica regionale. In commissione regionale per la riforma dello Statuto, dopo approfondito dibattito, era stato deciso che l’istituto del Commissario dello Stato, già privato del potere di impugnativa delle leggi statali sospettate di fumus di incostituzionalità per violazione dello Statuto a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 545 del 1989, doveva, piuttosto che essere cancellato, continuare a permanere nonostante avesse perduto la funzione di organo terzo fra Stato e Regione.

La scelta, apparentemente incomprensibile, aveva però un senso politico che andava al di là della previsione normativa. Al commissario dello Stato, lo diciamo giornalisticamente, veniva infatti affidato il cosiddetto lavoro sporco, quello di dire no, di mettere cioè un freno alle “porcate” approvate da un’Assemblea regionale che, delegittimata dai rapporti di scambio praticati senza ritegno e incapace di respingere per mancanza di autorevolezza le pressioni settoriali, si vedeva costretta ad affidarsi per difendersi ad un organo serio che, ripeto, garantisce legalità.

E, così, il commissario dello Stato ha assolto questo spesso ingrato compito con la professionalità richiesta, assumendo il ruolo del censore ma, sostanzialmente, caricandosi la croce dell’essere additato all’opinione pubblica e, in primo luogo, ai portatori d’interessi come il “cattivo” a confronto di un governo o di un’assemblea regionale “buona” sol perché metteva un freno agli errori ma, soprattutto, alle insufficienze di questi ultimi.

Abbiano i nostri politici l’onestà di dirlo : senza la funzione vigile del commissario dello Stato il disastro di amministrazioni dissennate, perché tali sono state, sarebbe stato ancor più grave di quello che in effetti è. Basta fare mente locale sulle vicende che hanno contraddistinto l’approvazione dell’ultima finanziaria e dell’ultimo bilancio della Regione. Come è noto, anche quella del 2012 è stata una finanziaria dove si è cercato di far entrare tutto, alla faccia della moderazione che in un periodo di crisi avrebbe dovuto rendere ancor più saggi e parsimoniosi gli amministratori.

Solo il contestatissimo intervento del commissario dello Stato ha, per fortuna, impedito il misfatto. La Sicilia, prima che di chiacchiere ha bisogno di legalità, protestare contro il commissario dello Stato quale rappresentante dello Stato, significa fregarsene della legalità e giustificare comportamenti irresponsabili e, in più di un caso, immorali. Piuttosto che proteste sarebbe stato, dunque, più giustificato e opportuno un corteo per ringraziare chi, in un contesto estremamente degradato, ha ancora la forza di vigilare sul rispetto delle regole.

Pasquale Hamel

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