Avrebbero tardato a eseguire un parto cesareo per evitare di fare straordinari. E adesso la giudice per l’udienza preliminare, Simona Ragazzi, le ha rinviate a giudizio. È il primo esito dell’inchiesta sulla nascita, avvenuta il 2 luglio 2015, di un bambino con gravissimi disturbi neurologici. Secondo l’accusa, riportata dall’agenzia giornalistica Ansa, le dottoresse Amalia Daniela Palano e Gina Currao non avrebbero eseguito in tempo l’intervento chirurgico «per evitare di rimanere a lavorare oltre l’orario previsto, nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale emersi dal tracciato» e avrebbero «somministrato alla gestante dell’atropina per simulare una inesistente regolarità nell’esame medico».
Insieme a loro, è accusata anche la medica Paola Cairone che, secondo la magistratura, «pur non essendo a conoscenza degli avvenimenti precedenti», avrebbe praticato alla paziente – per due volte – «le manovre di Kristeller, pratica bandita dalle linee guida, nonostante un tracciato non rassicurante» e non avrebbe «contattato per tempo il neonatologo», che avrebbe effettuato l’intervento «di rianimazione con gravissimo ritardo». L’inchiesta, coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro, è stata avviata dopo una denuncia della famiglia, assistita dall’avvocato Gianluca Firrone.
Nel processo, l’unica parte civile ammessa è l’azienda sanitaria Policlinico, che si avvale dell’avvocato Enzo Mellia. Il Policlinico è presente, nel procedimento, anche con il ruolo del responsabile civile: in questo caso, è difeso dal penalista Orazio Consolo. Un duplice ruolo non nuovo in casi legati al mondo della sanità: è capitato anche in occasione della morte della piccola Nicole Di Pietro: per quella circostanza, la clinica Gibiino figura nel processo sia come parte lesa sia come imputata. La prima udienza del processo per l’affaire Santo Bambino è fissata per il 13 marzo 2018, davanti alla terza sezione penale del tribunale di Catania.
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