Sono sante ma prima di tutto sono donne. E nelle loro vite non facili, ancora prima di compiere miracoli, sono state eroine, ribelli e innovatrici. «Ho voluto raccontarle innanzitutto dal punto di vista umano», spiega a MeridioNews Ljubiza Mezzatesta che è l’autrice e l’illustratrice catanese di Sante ragazze (edito da Lunaria). Tra loro, a parlare direttamente in prima persona ci sono anche tre siciliane: Agata (la patrona di Catania), Lucia (la patrona di Siracusa) e Rosalia (la patrona di Palermo). «A testimoniare, ancora una volta – sottolinea l’autrice – che la Sicilia è fimmina ci sono gli esempi di determinazione di queste tre sante ragazze che hanno con le donne siciliane di oggi un minimo comune denominatore: la capacità di affrontare i problemi con generosità, saggezza e astuzia».
Nessuna di loro è nata già santa ma, «senza poteri sovrannaturali – fa notare Mezzatesta – tutte si sono distinte in terra per il carisma, il coraggio, la tenacia e la libertà con cui hanno portato avanti imprese eccezionali in un mondo patriarcale che ancora esiste». E per alcune di loro si potrebbe addirittura parlare di «femminicidio ante litteram. Sono giovani donne che hanno pagato con la vita la scelta di non piegarsi alla volontà degli uomini. Una testimonianza – afferma l’autrice – del fatto che il corpo delle donne è sempre stato un corpo politico». È così nel caso di Sant’Agata, sottoposta a torture fino all’estremo atto crudele dello strappo delle mammelle per non essersi piegata alla volontà dell’uomo che aveva respinto. Come il fidanzato di Santa Lucia che non accettò la sua decisione di rinunciare al matrimonio (e anche di perdere la cospicua dote) per prendersi cura di poveri, malati, vedove e orfani e la denunciò alle autorità come cristiana in questi anni di grandi persecuzioni. Scelta simile a quella di Santa Rosalia che, la sera prima delle nozze, decise di non sposare il conte a cui era stata promessa dal re Ruggero e di entrare in un convento di suore per assistere i bisognosi. Da lì fu costretta a scappare per le continue visite dei familiari e dell’aspirante fidanzato che tentavano di convincerla a tornare sui suoi passi. A seguito di quelle pressioni, Rosalia fece la scelta radicale di intraprendere una vita di solitudine in una grotta.
Le sante ragazze nel libro diventano delle icone pop. «Tutto è nato dai disegni che ho realizzato in sole due notti – racconta l’autrice che è anche specializzata all’Accademia delle Belle Arti – La metafora grafica è quella dei breviari medioevali riadattata alla contemporaneità». Alcuni elementi iconografici restano identici e rendono le sante immediatamente riconoscibili (come i seni di Sant’Agata e le candele di Santa Lucia) ma in uno stile moderno che le avvicina ai giorni nostri. Stesso motivo per cui l’autrice ha deciso di fare parlare le protagoniste delle sue storie in prima persona. «Da una parte, è servito a me per scrivere come se fossi in loro compagnia e per immaginarmele nel tono, negli accenti, nelle movenze. E poi – spiega Mezzatesta – è un espediente che ho utilizzato per restituire al lettore le loro vite in modo intimo, in modo da creare una partecipazione affettiva. Un po’ come quando si ascoltano i racconti di vita di una donna più anziana».
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