Santa Croce Camerina e l’informazione da Grande Fratello Parla il sindaco della città dove si cerca la verità su Loris

«Che devo dire? Che non ci stanno dando nemmeno il tempo per elaborare il lutto? Che ci stanno cannibalizzando? Mi creda, mi viene anche difficile parlare, raccontare quello che stiamo provando». Così Franca Iurato, sindaco di Santa Croce Camerina, descrive il suo paese in questi giorni tremendi. Nel pomeriggio di sabato scorso Loris Stival, un bambino di otto anni, è stato trovato morto in un canale dalle parti di Scoglitti, la frazione marinara di Vittoria, a quattro chilometri circa dal centro del Ragusano dove il piccolo viveva con la mamma e il papà. Da quel momento è iniziato l’inferno. «Io capisco che è giusto informare – dice il sindaco – Soprattutto nei primi momenti. Però, poi, serve un attimo di riflessione. Invece…». Invece il piccolo paese ibleo, diecimila abitanti circa che diventano 40mila in estate, è stato messo sottosopra. Tutti qui a seguire gli sviluppi delle indagini, a registrare anche i minimi dettagli. 

«La nostra è una cittadina tranquilla – racconta Iurato – Qui ci conosciamo tutti. Magari non ci frequentiamo, ma ci conosciamo. La vita scorre serenamente. Mi chiede se conosco la famiglia Stival? Certo. Ricordo il nonno, anzi il bisnonno. Era un veneto, faceva l’idraulico. Conosco anche i genitori del bambino. Due ragazzi: lui, il papà, poco più che trentenne; lei, la mamma, 25 anni. Entrambi giovani. Questo fatto ci ha sconvolto, ha scosso le coscienze di tutti. Il paese è affranto». E prosegue: «Voi non potete immaginare che cosa è successo nel nostro paese qualche ora dopo la notizia della scomparsa del bambino. L’intero Comune si è mobilitato. L’abbiamo cercato tutti. Nelle strade di Santa Croce e nelle campagne. Cercavamo un bambino di otto anni vivo. L’abbiamo trovato morto. Per tutti i camerinesi è stato terribile». 

«Io capisco tutto – racconta – Tutto. E ribadisco: nelle prime ore dopo il ritrovamento del corpo del bambino l’informazione è obbligatoria. È morto un essere umano. Corretto informare. Ma dopo un giorno, dopo due giorni, ancora oggi, perché questo assedio? Siamo sbigottiti». Il sindaco di Santa Croce Camerina è un po’ risentita con i cronisti. «Giornalisti in preda ai fumi letterari – li definisce – Scrivono romanzi di fantasia e assediano il nostro paese. Perché creare tutto quest’inferno? Noi, lo ripeto, siamo già sconvolti per conto nostro. Un fatto del genere non è nelle corde della nostra comunità. Il nostro, lo ripeto, è un paese tranquillo. Questa vicenda ci ha scossi. E tutta quest’attenzione morbosa non verso la verità, ma verso i minimi dettagli ci sconvolge. Non ci dà il tempo di elaborare il lutto. Lo capiscono o no che vorremmo un po’ di tranquillità?».  

Franca Iurato parla molto della sua «comunità». Dei camarinesi o dei santacrociati. «Preferisco camarinesi», taglia corto. Chiediamo notizie delle telecamere. E scopriamo che sono state realizzate grazie ai fondi del Pon, sigla che sta per Piano operativo nazionale. Sono i fondi europei gestiti dallo Stato. In questo caso, dal ministero degli Interni. Per ora il sistema di sorveglianza è sotto osservazione da parte della magistratura. Si è scoperto che un paio di telecamere sono fuori uso. Colpa di un temporale. «Sulle telecamere posso dire che sono in parte in fase di collaudo. E che sono gestite dalla Polizia municipale». 

Chiediamo al sindaco che idea si è fatta di questa storia. «Nessuna idea – risponde – Sbagliato, in questi casi, abbandonarsi alle idee. Bisogna invece attenersi ai fatti. Le congetture sono fuori luogo. Basta la realtà. E la costatazione che il bene e il male stanno nell’uomo». Proviamo a entrare con delicatezza proprio nei fatti. Nei controlli che in queste ore vengono effettuati nell’abitazione dei genitori o nella casa del cacciatore che ha trovato il bambino morto. «Anche su questo bisogna fare qualche precisazione – afferma – È giusto che gli inquirenti controllino le persone che sono state vicine al bambino e i luoghi comunque legati a questa triste vicenda. Sono passaggi delicati, ma indispensabili. Che non dovrebbero essere enfatizzati dalla stampa. Questa vicenda mi sta facendo riflettere sul giornalismo del nostro Paese». 

«Sa cosa penso a proposito di tutta questa morbosità? – conclude il primo cittadino – Al Grande Fratello di Orwell. È un romanzo che dovrebbe essere fatto leggere ai giovani. E soprattutto a chi ha qualche responsabilità nel mondo dell’informazione. Penso a certe figure eccessivamente indiscrete, al controllo invasivo delle autorità, all’idea di sorveglianza totale. Sensazioni che in questi giorni stiamo provando nel nostro paese. Sensazioni sgradevoli. Veramente brutte».   

Giulio Ambrosetti

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