La nuova rete sanitaria siciliana attende ancora di essere esaminata dagli uffici del ministero della Salute a Roma. Nonostante la presentazione ai sindacati e il consenso che l’assessore regionale Baldo Gucciardi ha ricevuto dai territori, resta ancora appeso a un filo il destino della nuova rete, che se approvata sbloccherebbe gli attesi concorsi in sanità.
Ma a convincere la ministra Beatrice Lorenzin deve essere soprattutto la ripartizione dei posti letto: è quello il pilastro su cui si basa l’architettura della nuova sanità targata Gucciardi. Un dato che, non a caso, non è ancora stato reso noto, proprio in attesa del parere ministeriale. A pesare sarà soprattutto la mobilità passiva interregionale: quel dato, cioè, che rappresenta il numero di siciliani che non si fidano dell’offerta sanitaria dell’Isola e che scelgono ancora di fare la valigia per andare a curarsi altrove, dalla Lombardia all’Emilia, fino al Veneto o il Piemonte.
Dati su cui in assessorato si sta ancora lavorando: gli ultimi dati relativi alla mobilità interregionale in possesso degli uffici di piazza Ottavio Ziino risalgono addirittura al 2013. Ma se il numero dei residenti sull’Isola che si rivolgono ad altre strutture peserà sulla cifra complessiva di posti letto concessi alla Sicilia, il rovescio della medaglia è dato dalla cifra di pazienti non residenti nell’Isola che si fanno curare nelle corsie dei nosocomi siciliani. Numeri bassi, almeno fino al 2013, che non reggono il contraccolpo: pazienti provenienti dalla Calabria che si rivolgono alle strutture del Messinese, turisti temporaneamente in Sicilia, soprattutto nel periodo estivo, che per le più svariate esigenze finiscono negli ospedali regionali o ancora pazienti che si sottopongono a trapianti di organi all’Ismett di Palermo.
E poi ci sono i migranti, i cui flussi sono decisamente aumentati proprio negli ultimi anni, ma che finora non sono stati conteggiati nel bilanciamento del numero di posti letto da assegnare alla Sicilia. «L’abbiamo chiesto espressamente – ammette Ignazio Tozzo, dirigente generale dell’assessorato alla Salute – in diverse occasioni. Abbiamo chiesto di aver riconosciuta la mole di lavoro derivata dai flussi migratori, sia nella ripartizione del fondo sanitario, perché questo lavoro naturalmente si traduce anche in un costo, che in termini di risorse umane e posti letto».
Il dirigente sottolinea come non sia solo una questione di posti letto, che comunque «vengono occupati». «Il lavoro sui migranti – precisa – è legato soprattutto agli screening e alle visite ambulatoriali, che si fanno dal molo fino al centro d’accoglienza. Ma fino ad ora si è trattato di un’interlocuzione a cui non ha fatto seguito un impegno economico reale». Secondo Tozzo, se il ministero riconoscesse il dato relativo ai migranti sulla mobilità passiva a cui fa fronte la Sicilia, non si tratterebbe in ogni caso «di un dato determinante, perché la proposta di rete ha già una sua metodica che sta in piedi da sola», ma non tutti sono dello stesso avviso.
In molti tra i sindacati, infatti, manifestano il timore che la nuova rete metta tutti d’accordo, ma difficilmente potrà ricevere l’ok così com’è, senza tagliare alcun reparto. Ad essere fiduciosa è invece la Cgil Medici, secondo cui «è vero che esiste un tasso elevato di mobilità passiva dal quale siamo penalizzati, ma sarebbe semplicistico analizzare il quadro senza tenere conto del fatto che la nostra è una regione di frontiera, rispetto alla quale bisogna tenere conto di un alto livello di mobilità attiva legata ai migranti. Per altro la nostra è stata la prima Regione in Italia ad applicare il codice S.t.p. (straniero temporaneamente presente), che ci permette di garantire il diritto alla salute e curare anche chi non è in regola col permesso di soggiorno, il ministero non può non tenere conto di questo dato». Insomma, potrebbero essere le prestazioni erogate ai migranti a salvare i posti letto della rete sanitaria siciliana, che intanto resta ferma negli uffici del ministero, in attesa dell’esame da parte degli uffici.
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