San Lorenzo, si schiude uovo di tartaruga «Protocollo violato, probabilmente è morta»

Accolta da applausi, esclamazioni di stupore e scatti fotografici. La diva in questione è un’esemplare di tartaruga caretta caretta, una specie molto rara, nata due giorni fa nella spiaggia di San Lorenzo, nel Siracusano e protagonista di un video molto condiviso sui social network. Un evento, la schiusa delle uova di questa specie, che desta sempre grande attenzione da parte degli esperti come dei semplici curiosi. Eppure le immagini che immortalano i primi movimenti della piccola tartaruga suscitano estrema preoccupazione. «Probabilmente l’esemplare in questo video non è sopravvissuto». Gianni Insacco, zoologo membro del Fondo ambientale italiano e direttore del Centro regionale recupero fauna selvatica e tartarughe marine di Comiso, è categorico. La piccola tartaruga avrà di certo avuto delle difficoltà dovute a chi non ha seguito il comportamento da tenere in casi di questo genere.

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Pubblicazione di Roberto Scala.

Secondo Insacco, referente ministeriale per tematiche che riguardano la specie protetta, il protocollo internazionale prevede che le tartarughe appena nate vengano «manipolate con guanti in lattice o in acetato per evitare il contatto diretto con l’epidermide». I piccoli rettili «sono immuni da tanti fattori, ma relativi al loro gruppo zoologico». Agenti patogeni portati dall’uomo o sue micosi possono provocare problemi. «Tutti gli interventi devono essere fatti secondo le linee guida», a cominciare dalla corretta esposizione alla luce solare. «Se i piccoli vengono tirati fuori dalla sabbia durante il giorno devono essere protetti dal sole. Hanno una retina molto sensibile».

Ma la preoccupazione principale viene da un altro dettaglio: «La piccola è stata tirata fuori dall’uovo, ha ancora il sacco vitellino». Condizione che probabilmente l’ha portata alla morte. «La mamma tartaruga depone le uova, da 50 a 120, a 50 centimetri di profondità e le seppellisce. Di solito passano una quindicina di giorni da quando si schiudono fino a quando tutte le tartarughe assieme risalgono fuori dal nido». Un meccanismo quasi misterioso, che porta tutti i fratelli a rompere il guscio quasi simultaneamente. I piccoli esemplari, poi, scavano una sorta di tunnel in gruppo e per farlo impiegano alcuni giorni. Giunti fino a pochissimi centimetri dalla fine, «se sentono temperatura alta non escono e aspettano la sera». Poi, facendosi guidare dalle uniche fonti di luce che conoscono in maniera innata – luna e stelle – si muovono verso il mare. «L’esemplare nel video non poteva affrontare la sabbia». E la dimostrazione sta nelle stesse immagini: «È debole – afferma Gianni Insacco – Di solito partono in maniera frenetica», con il classico movimento delle zampe che ricorda un giocattolo a molla. Se, invece, a intervenire fosse stato personale competente, l’animale sarebbe stato messo in un’incubatrice e controllato.

«Nel video sentiamo una donna parlare con la tartaruga, la incita. Non serve umanizzarla – sottolinea lo zoologo – Chi interviene non deve avere sensibilità, ma competenza». Purtroppo quella attuale è una fase «in cui c’è un po’ di confusione», ammette Insacco. Il Centro regionale da lui diretto ha delle difficoltà d’intervento perché la Regione ha soppresso il capitolo economico che lo riguarda. «Siamo nelle mani di nessuno e in quelle del primo amatore venuto», spiega con amarezza. «Nemmeno i laureati possono essere considerati esperti, perché devono aver seguito dei corsi di specializzazione», puntualizza lo zoologo. Di conseguenza, «essere amatori non significa avere competenza». Nel caso in cui i bagnanti s’imbattessero in un nido, l’unico ente da contattare è la locale capitaneria, «autorizzata dal ministero, che coinvolge persone specializzate».

[Foto di frankenschulz]

Carmen Valisano

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