San Cataldo, la baia dove convivono bellezza e liquami «Più di 40 anni di saccheggio ambientale ininterrotto»

Il nostro modo di valorizzare le bellezze paesaggistiche che la natura ci offre? Sporcarle. Nel Palermitano sembra difficilissimo trovare una lingua di costa che non sia stata in qualche modo contaminata dal nostro passaggio. In alcuni casi si tratta di posti che, nonostante tutte le controindicazioni possibili, frequentiamo ugualmente, come la spiaggia di Acqua dei Corsari, la Mondello mancata della Costa Sud. Altre, invece, per ragioni diverse, sono andate incontro a destini differenti e versano oggi in uno stato a metà strada fra l’incontaminato e l’abbandono. Come la spiaggia di San Cataldo, ad esempio. Chilometri deserti di sassolini e un mare cristallino, su cui si affaccia la statale 113, la Settentrionale sicula, tra le più importanti della Sicilia. Una bellezza, però, che di intatto ha ben poco. È una bellezza contaminata, infatti, dai rifiuti, dalla plastica ai liquami alle carcasse di animali. Che in alcuni casi ha lasciato qualche bagnante di passaggio, in altri – ed è la circostanza più preoccupante – è stato il mare, con le sue mareggiate, a farli emergere portandoli fin oltre la riva, dove oggi risplendono sotto il sole di giugno, allineati quasi fosse stato qualcuno a sistemarli con cura. Un fenomeno che non è una novità di quest’anno, anzi.

Solo la scorsa settimana, infatti, uno sversamento fluviale ha sommerso la spiaggia di rifiuti. Il problema, insomma, è a monte e ha origine dal fiume Nocella e dall’affluente Puddastri, che attraversano diversi Comuni, da Terrasini, Partinico, Trappeto e Montelepre, e che puntualmente vomitano sulla spiaggia tutti i rifiuti abbandonati lungo il loro corso. «Una bomba ecologica», commentano in zona. Il problema, come testimoniano gli abitanti dei Comuni limitrofi, si trascina da sempre. Lo conferma anche il sopralluogo effettuato un anno fa dall’ex deputata Claudia Mannino, alla fine del quale, con un report dettagliato, raccontava di come sia ormai consuetudine che «nei mesi tra settembre e gennaio si manifestano sversamenti di sostanze scure e maleodoranti puntualmente analizzate dall’Arpa, che ne individua una significativa origine nelle lavorazioni dei frantoi e delle cantine vinicole». Una situazione da lei stessa toccata con mano, dopo essersi recata sul posto e aver visto coi propri occhi degli strani «bollori» salire dall’acqua marrone. Probabilmente «sacche di gas (metano) che si formano a seguito della fermentazione dei liquami», si sente rispondere dall’Arpa.    

Il nodo da sciogliere resta quello delle responsabilità. Da dove ha origine un tale sversamento di sostanze scure e maleodoranti? I liquami potrebbero provenire dal depuratore di Partinico, da quello di Montelepre o da qualche autobotte locale che scarica illegalmente la propria cisterna nel fiume. A occuparsi in concreto della supervisione e della battaglia contro l’inquinamento del fiume Nocella sembra essere soltanto un gruppo misto di volontari locali, apolitico e partitico, sorto spontaneamente e che riunisce indistintamente cittadini di Terrasini, di Partinico, Trappeto, Alcamo. Che, dopo l’ultimo sversamento di pochi giorni fa, ha indetto una giornata di bonifica straordinaria della baia per venerdì 22 giugno, mettendo pubblicamente alla berlina le «ecocriminalità che impediscono e mettono a tacere ogni principio etico». Un «saccheggio ambientale», così lo definiscono, contro cui alzare la voce. E la missione è chiara: «Difendere questo angolo di territorio, violentato sistematicamente da svariate forme di smaltimento illecito di rifiuti, contrapponendo diverse forme di attività, volte a valorizzare gli aspetti naturalistici, storici e paesaggistici».

«È la costa gemella dello Zingaro, una perla nel golfo di Castellammare dalle potenzialità paesaggistiche uniche, ma che da 40 anni subisce un costante saccheggio ambientale a livello industriale e urbano che non si è mai potuto risolvere», racconta con trasporto proprio uno di questi volontari che da tempo ormai si battono per la salvaguardia della baia, Francesco Loria. Una battaglia enorme, quella contro lo sversamento illecito nel Nocella di quei rifiuti che poi il mare della baia restituisce allo sdegno collettivo, condotta soprattutto da professori del calibro di Gino Scasso, scomparso poco tempo fa. Un impegno, il suo, che una volta venuto meno ha lasciato solo vuoto e silenzio. Fino alla formazione spontanea di questo gruppo di volontari. «Ci siamo innamorati di questa causa e ci dedichiamo alla vicenda col massimo impegno, siamo quasi quotidianamente presenti sui posti critici, dal fiume alla spiaggia – spiega Francesco -. Vogliamo documentare cosa accade quotidianamente, ma ci preme anche valorizzare il posto. Non vogliamo cioè solo mostrare il lato oscuro, ma anche le potenzialità di questi luoghi».

Il volontario racconta di «un quarantennio di abusi costanti»: «Abbiamo report fotografici che risalgono agli anni ’80 e ’90 che documentano come all’epoca la nota distilleria Bertolino di Partinico, per fare un esempio, scaricasse illegalmente lì i propri rifiuti industriali colorando di rosso l’intero golfo, fino a una profondità in acqua di circa un chilometro. Una testimonianza in pratica dell’entità devastante di quegli scarichi». Un dettaglio che si aggiunge agli scarichi urbani abusivi delle villette che costeggiano il litorale. La baia è divisa in due: confina con Terrasini e Trappeto, quei Comuni che sostanzialmente subiscono il danno. Ma il problema è a monte: il fiume Nocella passa per Giardinello e Montelepre, che negli ultimi anni hanno contribuito molto al miglioramento della situazione, a sentire il volontario; mentre i Comuni attraversati dal torrente Puddastri sono quelli di Partinico e Borgetto, che «quando va bene ha l’acqua di un colore grigiastro. È diventato un centro di conferimento».

Tuttavia, le battaglie dei volontari qualche risultato nel tempo lo hanno portato: «Sappiamo che ci sono delle indagini in corso, e questo è molto importante – spiega ancora Francesco Loria – E poi le nostre denunce hanno portato anche al sequestro di due frantoi, uno addirittura è stato poi confiscato definitivamente». A remare contro, però, secondo il volontario ci sarebbe anche l’intenzione di molti di tenere la baia in uno stato di isolamento. «Ci sono ragazzini di Terrasini che non sanno nulla di questa spiaggia, non ne hanno mai sentito parlare». Lungo la statale 113 infatti non esistono indicazioni per la baia, il cui profilo fa capolino solo dopo alcune curve a strapiombo sul mare. E il sentiero che condurrebbe alla spiaggia, battuto per lo più da pescatori occasionali, è pieno di sterpaglie, pietre ed erba incolta. «Sospettiamo che dietro una vicenda del genere possano esserci poteri di un certo tipo e interessi economici molto forti. Ma noi non ci arrendiamo e andiamo avanti».

Silvia Buffa

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