Dieci attori non professionisti hanno acceso le luci nello scenario solitamente abbandonato di piazza Giovanni Falcone, già piazza Cappellini, dove sorge la suggestiva chiesa del Crocefisso. Uno dei luoghi chiave per il quartiere di San Berillo, prima sventrato dalla voracità palazzinara, poi trasformato in ghetto per prostitute e immigrati e, ora, al centro di numerose attività di rivalutazione. Tutte spontanee, tutte organizzate dal basso. Si inserisce in questo solco lo spettacolo Il mondo è un vasto rettangolo di raso rosso, organizzato dal laboratorio Trame di genere, un progetto che fa parte del programma Trame di quartiere, realtà che opera all’interno di San Berillo per «riscoprire e valorizzare il patrimonio culturale confrontandosi anche con le pratiche e relazioni umane che sono presenti nel quartiere», come racconta Luisa Sannella, una delle due registe che hanno curato l’evento.
«Le tematiche che abbiamo messo in scena sono legate all’identità sessuale e delle relazioni di genere. I partecipanti non sono attori e attrici professionisti e professioniste – spiega a MeridioNews – ma persone che per sensibilità hanno affrontato questo percorso». Un vero e proprio viaggio, «frutto della ricerca e degli sconvolgimenti avvenuti all’interno del gruppo, restituiti ora collettivamente attraverso la narrazione alla città». Genere, sesso e desiderio, «al di là del binario eteronormato». Ma anche prostituzione, affrontata come «libera espressione del proprio desiderio». Tutto raccontato attraverso la metodologia della creazione collettiva. «Nel teatro sociale è questa la prassi – conclude la regista – la creazione è co-costruita con gli altri. Poi si applica una cucitura finale ma l’importante è la libertà».
«Durante il nostro laboratorio – afferma Mariagiovanna Italia, formatrice del progetto – abbiamo lavorato interrogando e dialogando con le comunità di trans che lavorano nel quartiere di San Berillo a partire da alcune domande: c’è un rapporto lineare tra sesso, genere e desiderio? Che differenza c’è tra avere ed essere un corpo? Come si può superare l’inibizione con la libertà, la deviazione con l’affrancamento, la clandestinità con il poter essere visibili nel palco illimitato di una piazza e di una città?». Alla fine dello spettacolo i partecipanti si sono spostati in via Opificio per la visione della rassegna di alcuni corti concessi da diversi festival nazionali sulla tematica queer e curati dalla regista Maria Arena.
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