A maggio 2020 una nota della Regione salutava il riconoscimento da parte dello Stato di quattrocento milioni di euro nell’ambito della verifica dei livelli di erogazione dei livelli essenziali di assistenza (Lea) della sanità siciliana. «Un risultato che premia il percorso avviato dal governo regionale», dichiarò Nello Musumeci a caldo. Oltre un anno dopo, è possibile analizzare nel dettaglio la genesi di quell’obiettivo e contestualizzarlo all’interno di una cornice che vede comunque la Sicilia rimanere tra le regioni sottoposte al piano di rientro del ministero della Salute, sia sul fronte delle prestazioni erogate ai cittadini che del risanamento dei conti pubblici legati alla sanità. I dati sono contenuti nella relazione dell’Ufficio VI della direzione generale della Programmazione Sanitaria, con cui il ministero ha chiuso il monitoraggio sui Lea delle singole regioni. L’anno di riferimento è il 2019, quello precedente alla comparsa del Covid e in tal senso sarà senz’altro interessante capire se le singole performance varieranno a causa degli sforzi profusi nel contrasto alla pandemia. La Sicilia si trova sottoposta al piano di rientro dall’estate 2007, un regime che attualmente riguarda anche Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise e Puglia.
L’ultimo esame della qualità del sistema sanitario ha visto assegnare alla Sicilia 173 punti, con la soglia necessaria a risultare adempienti fissata a 160. Sulle 16 regioni – fanno eccezione la Valle d’Aosa, le province autonome di Bolzano e Trento, il Friuli Venezia Giulia e la Sardegna – sottoposte alla verifica, si piazza 12esima, lontana dalla vetta occupata da Veneto e Toscana con 222 punti. Tuttavia quello della Sicilia resta il miglior punteggio fin qui ottenuto: nel 2018, infatti, la valutazione si era fermata a 171, mentre nel triennio 2015-2017 era oscillata tra l’insufficiente 153 e l’appena adempiente 163.
E se per intuire che la strada da fare per rendere la Sicilia al livello delle altre regioni in campo sanitario è ancora tanta basta fare un giro tra le corsie degli ospedali e i pronto soccorsi, le tabelle del ministero mettono in luce quali sono le principali criticità. Perlomeno per quanto riguarda le prestazioni che rientrano nei livelli essenziali di assistenza.
Vaccini
Nei mesi in cui a tenere banco è la sfiducia nei confronti del vaccino anti-Covid, la Sicilia si conferma essere indietro rispetto al resto d’Italia anche per quanto riguarda la somministrazione dei vaccini utili a prevenire malattie dalle radici ben più antiche. La copertura vaccinale nei bambini di due anni per il ciclo base (tre dosi) contro polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse e Hib si ferma al 91,1 per cento. Un dato che nella griglia di valutazione del ministero equivale a uno scostamento non accettabile dal livello ideale (sopra il 95 per cento). Va leggermente meglio per la copertura contro morbillo, parotite, rosolia: nel 2019, ha ricevuto una dose entro due anni di età il 92,2 per cento dei bambini. Un dato in crescita rispetto all’anno precedente quando ci si era fermati al 90,9. Scostamento «rilevante ma in miglioramento» anche sul fronte della vaccinazione antinfluenzale degli over 65: nel 2019 la copertura ha riguardato il 59,4 per cento dei siciliani. Meglio del 2018 (53 per cento), ma lontano dal valore normale fissato ad almeno il 75 per cento.
Screening
La griglia ministeriale attribuisce punteggi in relazione alla proporzione di persone che hanno effettuato il test di controllo di primo livello per cervice uterina, mammella e colon-retto. Alla Sicilia sono stati dati complessivamente cinque punti, equivalenti alla soglia «scostamento rilevante ma in miglioramento», mentre l’anno precedente la performance era stata peggiore (scostamento non accettabile). A livello di percentuale, i dati registrati a fine dicembre dello scorso anno, dicevano che nel 2019 il 26,2 per cento (tre punti) del target si è sottoposto ai controlli per la prevenzione del tumore al collo dell’utero, il 14,4 per quello al colon (un punto) e il 17,9 (un punto) allo screening alla mammella. I valori percentuali che garantiscono l’assegnazione di cinque punti per singolo test vanno dal 50 per cento per cervice e colon al 60 per cento per quanto riguarda i controlli alla mammella.
Ospedalizzazione, assistenza domiciliare e disabili
Sul fronte delle cure ospedaliere, la Sicilia registra il tasso più elevato d’Italia per l’ospedalizzazione in età pediatrica, ovvero sotto ai diciotto anni, per quanto riguarda asma e gastroenterite. Il valore è di 159,34 su 100mila abitanti. Inferiore a quello del 2018, quando era stato di 167 ma comunque lontano dal 141 individuato come valore normale dal ministero.
La Sicilia registra uno scostamento rilevante ma in miglioramento rispetto al 2018 nel numero di posti riservati all’assistenza per anziani over 65. Nell’isola sono 1,47 ogni mille ultrasessantacinquenni. Per il ministero della Salute un valore normale dovrebbe essere superare il 9,80 e quindi quasi del dieci per cento. Restano importanti anche le carenze nell’assistenza ai disabili: il numero dei posti riservato nelle strutture è di 0,31 ogni mille residenti. Un dato immutato rispetto al 2018 e migliore soltanto di quello registrato nella provincia di Bolzano (0,21). Il valore normale, invece, dovrebbe essere almeno di 0,60.
Parti cesarei
Uno dei talloni d’achille della Sicilia resta quello della percentuale dei parti cesarei primari, tanto nelle strutture sanitarie più grandi, dove nascono ogni anno più di mille bambini, sia in quelle più piccole. Nel primo caso la percentuale di cesarei primari nel 2019 è stata del 29,60 per cento, di oltre tre punti più alta rispetto all’anno precedente. Dati più alti soltanto in Campania (35,60) e Liguria (30), mentre il valore normale è individuato al 25 per cento. Nelle strutture con meno di mille parti all’anno, la percentuale di cesarei primari scende nell’isola a 27,60, di molto lontano dall’obiettivo del 15.
Tempi di soccorso
In Sicilia nel 2019 mediamente è stato necessario attendere 19 minuti tra la ricezione della chiamata da parte delle centrali operative e l’arrivo dei mezzi di soccorso. L’anno prima le ambulanze avevano impiegato mediamente un minuto in meno, toccando così il valore ritenuto normale.
Tempi di attesa prima degli interventi
La valutazione dei Lea passa anche dal cacolo delle attese prima che venga effettuato un’operazione sui pazienti over 65 che hanno subito la frattura del collo del femore. Il dato riguarda la percentuale di chi ha subito l’intervento entro due giorni dalla rottura. A raggiungere il valore normale – fissato in oltre il 60 per cento – non sono tutte le strutture sanitarie dell’isola. Tutt’altro, ben 21 stanno sotto, anche di molto. Nel momento in cui la commissione ministeriale si è riunita per la seconda volta, cioè a fine dell’anno scorso, l’ospedale Villa Sofia Cervello non andava oltre il 18,83 per cento. A Castelvetrano ci si fermava al 26,61 per cento. Dall’altra parte dell’isola, invece, lontani dal target anche gli ospedali di Biancavilla (38,37 per cento) e Acireale (49,14).
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