«Per evitare di rimanere a lavorare oltre l’orario previsto, avrebbero omesso di eseguire un parto cesareo, nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale emersi dal tracciato». Questo è quanto si legge nell‘accusa formulata dalla procura di Catania contro le due dottoresse del Santo Bambino, Amalia Daniela Palano e Gina Corrao che, per le quali è stato chiesto in questi giorni il rinvio a giudizio per lesioni gravissime colpose, omissioni e falso in atti d’ufficio. Le due professioniste, secondo i magistrati, per «simulare una inesistente regolarità nell’esame medico» avrebbero «somministrato atropina alla gestante». La procedura, e «il non avere informato della situazione i colleghi del turno successivo, avrebbe causato la nascita del neonato con lesioni gravissime».
Entrambe le donne dovranno presentarsi davanti alla giudice delle udienze preliminari Simona Ragazzi, il prossimo 22 maggio, insieme alla collega Paola Cairone che, secondo i pubblici ministeri, «pur non essendo a conoscenza degli avvenimenti precedenti, praticava alla paziente per due volte le manovre di Kristeller, bandite dalle linee guida, nonostante un tracciato non rassicurante, e non contattava in tempo il neonatologo».
L’episodio risale al 2 luglio 2015 e le indagini sono state avviate dalla squadra mobile e coordinate dal procuratore Carmelo Zuccaro dopo la denuncia dei familiari. Il neonato, venuto al mondo con un giro di cordone ombelicale attorno al collo, ha riportato lesioni gravissime e danni irreversibili cerebrali e motori. In particolare avrebbe riportato una grave encefalopatia, una tetraparesi spastica, un grave ritardo neuro-psico-motorio, microcefalea ed epilessia generalizzata. Le indagini della procura di Catania avrebbero infine evidenziato che all’ospedale Santo Bambino «le cartelle spesso vengono redatte successivamente all’evento clinicamente rilevante, a causa di una prassi instaurata dai sanitari (e talvolta anche imposta alle ostetriche) e finalizzata a occultare le prove di eventuali responsabilità mediche».
All’indomani del fatto, il direttore generale dell’azienda Policlinico Paolo Cantaro aveva sospeso le tre professioniste, annunciando un’indagine interna. I familiari e il bambino si costituiranno parte civile con l’avvocato Gianluca Firrone.
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