Rubrica/New York New York. La potenza nascosta

L’Italia, come non accadeva dai tempi della Guerra Fredda, è tornata il Paese al bivio dei destini dell’Occidente. Lo ha ripetuto per primo il presidente Sarkozy, poi la cancelliera Merkel e infine anche il Presidente Obama. Le decisioni prese a Roma possono “salvare” l’euro e scongiurarne l’“effetto domino” – espressione che non si sentiva dalla Guerra del Vietnam – sull’economia globale.

Scenari “catastrofisti” volutamente esagerati o basati su dati oggettivi? Il tempo ce lo dirà, intanto non resta che sperare che il governo di Mario Monti, sotto la tutela del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – anche ieri sul New York Times omaggiato con un profilo – si sbrighi con le misure di “rigore, crescita ed equitᔠe scacci via dall’Italia lo spettro del default.

Ma dopo l’estrema emergenza, l’Italia dovrà farsi un esame di coscienza. Già, anche le nazioni ne hanno una e la chiamano “coscienza nazionale” che non è affatto un qualcosa di astratto ma serve a tenere insieme un popolo. In determinate circostanze storiche, è proprio questa coscienza a determinare quel carattere di un popolo che riesce a salvare o far sprofondare un Paese.

L’Italia, uscita distrutta dalla guerra mondiale, è diventata in poco piú di sessanta anni uno dei Paesi più ricchi e avanzati del mondo. Lo ha sottolineato recentemente il politologo di Yale Joseph La Palombara, durante un intervento in Canada all’Università di York tenuto per celebrare il 150esimo anno dell’Unità, ribadendo certe qualità e punti di forza dell’Italia che ne hanno fatto un Paese molto più forte e più unito di quello che certi detrattori vorrebbero far passare. In un passaggio del discorso di La Palombara, per mettere in risalto certe risorse che altri non hanno, si è ricordato Bettino Craxi quando parlò alle camere riunite del Congresso americano nel marzo del 1985. In quella occasione, ci ricorda La Palombara, il premier socialista italiano “rivelò” che almeno il 25 per cento del vero Gdp dell’Italia si trovava nell’economia “nascosta”. L’economia italiana era molto piú grande di quello che appariva nei rapporti ufficiali e così continua ad essere.

Ma se tutto ciò ci viene ricordato per elogiare la forza e le potenzialità dell’Italia, allo stesso tempo non può esimerci da quell’“esame di coscienza” di cui scrivevamo prima. Molta di questa economia sommersa è quella prodotta da italiani che non dichiarano allo Stato le loro attività lecite per non pagare le tasse. Grave non pagare le tasse, ma si può rimediare: facendo pagare il giusto e amministrandole meglio. Incentivare cioè il lavoro “nero” a riemergere per dare ulteriore forza all’economia del Paese.

Ma una parte invece di quella economia “nascosta” di cui parlò Craxi, fa parte di attività illecite ma anche questa trova la via per “riemergere” e diventare fonte finanziaria e d’investimento per attività produttive lecite.

Questa settimana, mentre in testa alle prime pagine rimanevano costantemente le manovre di Monti, uscivano notizie di numerosi arresti che confermano quanto la corruzione delle mafie – in questo caso l’’ndrangheta calabrese – sia integrata nel sistema economico e nella parte più produttiva del Paese. Cosí leggiamo che, tra gli affari che scorrono tra Milano e la Calabria, un giudice viene intercettato mentre dice ad un imprenditore-boss: “… tu ancora non hai capito chi sono io, sono una tomba, dovevo fare il mafioso, non il giudice…”. Questo magistrato chiarirà durante un processo cosa intedesse dire, quello che ci interessa qui è che c’è sì un’Italia che va “forte”, ma grazie alla spinta esercitata anche da capitali criminali che si distinguono per la facilità con cui riescono ad allacciare rapporti politici-istituzionali necessari allo sviluppo e alla “crescita” di questa economia-parallela.

Cos’è la mafia, dopotutto? La si chiama così, mafia, quando riesce ad intrecciare rapporti di “scambio” con la cosidetta società legale. Se non riesce ad averli, certi rapporti, allora non è più mafia e i suoi addetti sono dei semplici criminali, anche se organizzati, sono cioè solo dei “mobster”.

In una recente conferenza a Palermo, si sono celebrati i 50 anni dalla pubblicazione de “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia. I lettori di Oggi7 hanno potuto leggere la scorsa domenica la illuminante relazione presentata da Valter Vecellio, da uno dei discepoli di Sciascia. Già, il genio di Sciascia attraverso il “romanzo” su Don Mariano Arena descrisse al mondo come funziona la mafia per essere mafia. E il capitano Bellodi, col suo metodo di indagine che seguiva le tracce dei soldi nelle banche, aveva anticipato di un quarto di secolo quello che poi sarà il metodo Falcone…

Proprio due settimane fa è venuto a discutere qui a New York di certi argomenti Roberto Saviano, e del suo discorso a Zuccotti Park abbiamo già scritto in questa colonna. L’autore di “Gomorrah” sarà questa settimana alla New York University, dove in un dibattito con l’economista Nouriel Roubini, moderato dalla storica Ruth Ben-Ghiat, discuterà di crisi dell’economia globale e come la “liquiditᔠdelle organizzazioni criminali trovi le porte aperte per investire sull’economia reale.

Speriamo proprio che se la cavi, Monti. Poi però l’Italia dovrà confrontarsi con questa sua economia “parallela”. Per carità, anche per gli altri incide, ma per dimensioni e percentuali sul suo Gdp, come rivelò già Craxi, in Europa siamo “number one”.

Questo articolo viene contemporaneamente pubblicato oggi su America Oggi.

Stefano Vaccara

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