Mancano ancora due mesi ma il clima pre- elezioni regionali si fa rovente e la polemica – specialmente sul web – è ogni giorno dietro l’angolo. Se poi questo tema si somma ad un sospetto caso di omofobia, l’indignazione del popolo della Rete è ancora più immediata. Come è successo ieri pomeriggio, quando due studenti di Giurisprudenza, Salvatore Licitra e Martino Gentile, militanti del centro-destra, si scambiano una serie di battute sul possibile consenso elettorale del candidato Pd alla presidenza della Regione Rosario Crocetta, riferendosi all’ex sindaco di Gela, dichiaratamente omosessuale, chiamandolo «puppo» (maniera dispregiativa – e tutta catanese – di riferirsi a persone di diverso orientamento sessuale). «Ma ‘i puppi non stanno a’mmare?», si chiede Gentile, «Si sono evoluti…», risponde Licitra. «Ma se dovesse vincere, mi sto toccando, anziché lo spumante si spreme un limone in testa?», si chiede il primo in chiusura. Questi i termini del confronto tra i due amici, entrambi «sostenitori di Nello Musumeci», impegnati nella politica universitaria e uno dei due, Licitra, è il vice-presidente di Giovane Italia Caltagirone. Solo risate in sottofondo? Affatto. Elena Caruso, attivista per i diritti dei gay e dichiaratamente di sinistra e sostenitrice di Crocetta, che ha immediatamente ripreso il post sulla sua bacheca personale, accusando i due di omofobia. Ed è subito bufera. «Non è uno scherzoso e innocuo scambio di battute tra amici, sono insulti omofobi», accusa Elena. E spiega di aver pubblicato e diffuso lo scambio tra i due per far sì che «non passi inosservata o venga sottovalutata la gravità delle affermazioni«. E sottolineando che, a Catania, situazioni come questa sono quasi un’abitudine. Secondo alcuni, però non si tratta di comportamenti omofobici, ma di semplice linguaggio goliardico tra amici. «Omofobia è odiare gli omosessuali, picchiare i gay quando si incontrano per strada, non scrivere puppo in maniera peraltro visibilmente scherzosa in un post su Facebook», scrive Giuseppe, uno tra partecipanti all’accesa conversazione online.
Ma l’aspetto della presunta discriminazione di genere non è l’unico elemento che ha infiammato i partecipanti al dibattito. «Il tema è quello “caldo” delle elezioni regionali. Nessuna analisi politica per questi rozzi bestioni. Né elaborata, né rudimentale», scrive Elena sul popolare social network, la quale però a CTzen precisa: «Non è una questione politica, ma solo di rispetto. Si tratta di offese basse e becere, spesso sottovalutate e minimizzate. Certi appellativi non possono essere definiti scherzi o battute, ma atti di omofobia veri e propri». Questa la sua risposta a chi la accusa di aver esagerato, sostendo che «definire “puppo” non è sintomo di omofobia ma piuttosto si tratta di un termine scherzoso che con leggerezza viene utilizzato da molti, anche chi ha amici gay o comunque rispetta gli omosessuali». Stessa storia per appellativi come «frocio» o «finocchio», che, dipende dal contesto in cui sono inseriti, non sarebbero da considerarsi offensivi. Ma Elena non è d’accordo: «Sono attivista da anni sulle politiche di genere con Equality Italia e vi posso assicurare che per chi vive una sessualità diversa, queste non sono parole neutre, ma offese che feriscono».
In meno di un’ora, al post ripreso da Elena si sono accodate decine di commenti. Tutti d’accordo sul condannare lo scambio di «battute» dei due studenti di Giurisprudenza. I quali, dopo condivisioni e dibattiti tra omofobia sì/omofobia no, smorzano la polemica con una lettera di scuse, in cui spiegano che i loro «commenti erano del tutto in buona fede, senza nessun odio e disprezzo alla base». «Ammettiamo di aver scritto con molta superficialità continuano – ma il tutto in tema goliardico senza nessuna intenzione di ledere altrui persona». E, prendono le distanze delle accuse di omofobia, finiscono col chiedere «umilmente scusa al candidato alla presidenza della Regione siciliana, Rosario Crocetta, persona che stimiamo, seppur non conoscendola di persona». Con la speranza che la stessa venia sia concessa loro da «tutti coloro che, presi dallenfasi della discussione, hanno rivolto a noi pesanti offese nonché minacce». Scuse fatte, scuse pervenute. Così il dibattito infuocato si è spento nel giro di qualche ora, ridimensionato ad un problema di linguaggio.
[Foto di KCIvey]
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