Romanzo a puntate, l’ottava parte L’occhio destro e sinistro, quarta notte

Racconto dell’occhio destro; quarta notte.

Il pittore rimase sbalordito di fronte alla scomparsa della fanciulla che, ormai, credeva di amare; bagnò il fazzoletto di lacrime e poi raccolse quella sabbia che era rimasta sul suolo. Per giorni non riuscì più a prendere un pennello in mano; girava per il paese nel tentativo di farsi spiegare l’accaduto. Andò dalla vecchia madre e le raccontò ogni cosa. La madre lo carezzò, lo guardò con tenerezza, come se fosse ancora un bambino, e gli confidò che l’unica cosa da fare era raccontare a quella sabbia le storie più belle: solo le storie, diceva, impediscono agli uomini di sgretolarsi e scomparire. Il pittore le rispose che ne conosceva poche, e quelle poche non avrebbe saputo raccontarle.

Allora la madre gli disse: “Sei sicuro d’amarla?”

“Sì” rispose il pittore.

“Allora, se non conosci delle storie, dille tutto ciò che provi.”

“A un mucchio di sabbia…”

Il pittore comprese che era stato stupido andare dalla madre; le madri sono superstiziose e non hanno alcun senso della realtà, per questo, pensava, riescono a mettere al mondo figli su figli.

Si accomiatò, e andò da un ricco amico, che amava e incoraggiava da sempre il suo operato.

Ma non si trovava in casa; alla porta lo accolse il vecchio domestico. Disperato, il pittore non riuscì a trattenersi dal raccontargli le proprie pene.

Il domestico, senza fare una smorfia, gli chiese: “Ha tenuto un po’ di quella sabbia?”

Il pittore assentì.

“Le racconti delle storie” disse il domestico.

Il pittore lo guardò, basito, e cominciò a credere di essere precipitato in un sogno: la fanciulla, trasformatasi in rena; la madre e il domestico a suggerire assurdità.

Ma i giorni passavano, e la nostalgia, in lui, s’era fatta lancinante.

Andava nel pioppeto ed era come trovarsi in un deserto.

Cominciò a delirare, a coprire di baci quella sabbia.

Il pittore non aveva mai avuto una grande dimistichezza con la scrittura, sapeva esprimersi con difficoltà. Nonostante questo, preso dalla disperazione, decise di spedire lettere d’amore a chi non era più. Lettere d’amore fatte di un sentimento indefinito, dato che l’oggetto della sua passione aveva la stessa consistenza di un miraggio.

Racconto dell’occhio sinistro; quarta parte.

Prima lettera alla sabbia.

Amore mio, mia cara, mia anima.

Mia, mia, mia, ancora più mia da quando ti ho perduta.

Non posso credere che questa sia tu: un mucchietto di nulla.

Tu che, per pochi giorni, sei stata tutto.

Mi hai lasciato in una disperazione feroce: come un malato mi aggiro per le strade, cercandoti, desiderandoti, inventandomi un qualcosa.

Sei come una luna araba, e i tuoi occhi filtrano il mistero di ciò che non mi hai saputo dire.

Vorrei capire cosa resta di me in quei tuoi laghi di seppia.

Ritorno a quei paesaggi che ci hanno visti vicini, e non so darmi pace.

Sei stata reale, ora lo sei, paradossalmente, ancora di più. Proprio adesso che mi è rimasta soltanto un’ipotesi.

Avrei voluto morire dei tuoi baci, avrei voluto vivere delle tue carezze, avrei voluto raccoglierti nella mia mano, avrei voluto ucciderti per farti rinascere in me.

E tu, adesso, ti sei dissolta. E lo hai fatto guardando una proiezione del mio sentimento; lo hai fatto alla distanza di un cielo.

Oh, sai, ho percepito nella tua espressione una delusione pungente!

Ti sarai detta che non avevo compreso nulla di te. Avrai deciso di sparire per farmi seccare l’anima.

Cosa ti aspettavi dai miei segni? Forse nulla, dato che non ti sei mai degnata di guardare le mie tele.

Rimanevi in fondo: come quei particolari che altre persone considererebbero assolutamente trascurabili.

Ecco io sono stato artista solo senza di te; così almeno ho creduto.

Sono stato un creatore, un principe ereditario, l’alba di una nuova semantica.

Ma da quando sei arrivata tu, nulla più mi ha interessato di ciò che dipingevo.

Non la fuga, non il tratto, non la consistenza.

Soltanto il tuo sguardo mi restituiva esistente. Avevo creduto, ebbene sì, di essere vivo; me lo rivelavano gli applausi della gente, l’ammirazione del gallerista, la considerazione dell’acquirente.

Ma non ero vivo: recitavo la parte di chi sa trarre segni dal mondo.

Mi ripetevo; perché, probabilmente, non avrei saputo fare altrimenti, e alcuni vedevano, in quella mia atroce impossibilità di cambiamento espressivo, il genio.

Solo tu mi osservavi a prescindere dal racconto che svolgevo: tu respiravi perché io respiravo, tu stringevi le palpebre per mettere a fuoco quello strano individuo che, pensavi, avrebbe saputo renderti felice.

Ma la felicità è solo l’attimo dopo.

Ti è bastato che ti pregassi per farti ritrarre; e già ti avevo tradita.

Sciocco, sciocco, artistucolo colui il quale pensa che basti uno schizzo per riportarci in vita!

Adesso ti prego, ti prego, baciando mille volte questa sabbia, ritorna, ed io non farò più nulla.

Non avrò più paura del nulla.

Il tuo eterno amante.

 

Redazione

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